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Matteo De Santis L'unica differenza è l'inutile punticino che salva la faccia e le apparenze.

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Sprazzidi bellezza, squarci di bruttezza, una classifica che è sinonimo di rimpianto, la gente che contesta e Luis Enrique che continua a dire che deciderà cosa fare, se restare a Roma o abbandonare la nave, a fine anno. «Non ho una posizione definitiva su quello che farò a giugno. Il futuro della Roma sono solo le prossime tre partite con Chievo, Catania e Cesena. Alla fine del campionato parlerò con la società, analizzeremo i problemi, cercheremo di individuare le soluzioni e prenderò la mia decisione. Ora, però, sono indeciso. Perché lo sono? Perché sono fatto in un modo diverso e penso in maniera differente. Ma adesso il mio unico interesse è essere a disposizione della società e portare la Roma il più in alto possibile in classifica». Dopo, però, arriverà il momento della verita. «Non ho deciso. Anno sabbatico? Non si sa mai. Essere allenatore, comunque, è un mestiere molto pesante». Prima di pensare al futuro, meglio parlare ed analizzare questo 2-2 agrodolce. Partendo, magari, dalla fine, quando la squadra è andata sotto la Sud e Luis Enrique se n'è andato sotto gli spogliatoi scatenando un iracondo "Luis Enrique dove sta?" cantato a squarciagola dall'intero coro curvarolo. «Sotto la curva non ci sono andato e non ci sarei andato lo stesso anche se avessimo vinto. Sono fatto così, so cosa deve fare un allenatore e cosa non deve fare. I giocatori devono andare dai tifosi, i tecnici no. Io l'ho fatto quando giocavo, ma non l'ho mai fatto e non lo farò da allenatore. Neanche dopo venti vittorie consecutive. Io, a fine partita, preferisco sparire subito negli spogliatoi, sia che si vinca sia che si perda». Stavolta, invece, la Roma ha pareggiato: «Non sono contento, volevo vincere la partita. Nel calcio, però, si gioca in due. Nel primo tempo siamo stati bravi noi, nel secondo è uscito molto bene il Napoli. Quando la partita è diventata facile, però, i miei ragazzi si sono messi a disposizione e hanno riacciuffato la gara. Roma doubleface? Sì, ritengo che questa sia un'analisi giusta. Venivamo da tante partite di fila e dopo un po' abbiamo subito un blocco. Marquinho e Simplicio migliori in campo? Tutti e due sono stati bravi ma preferisco parlare di tutti, anche di quelli che non sono entrati in campo. Contro il Napoli siamo riusciti a tirare fuori la mentalità di una vera squadra che vuole fare attaco e difesa insieme. Il pareggio, alla fine, è stato il risulato più giusto ma sarebbe stato bellisimo per i giocatori vincere». Chiusura con un pensiero a quello che è successo nella casa madre Barcellona: «Mi ha fatto piacere che per scegliere il successore di Guardiola abbiano optato per uno della casa. Tito Villanova è davvero molto preparato e spero abbia tutta la fortuna del mondo, se la merita». Sull'altro fronte Mazzarri recrimina come sempre: «Peccato davvero. Il pareggio non è un risultato giusto. Anche nel primo tempo abbiamo avuto delle occasioni. Nel secondo siamo tornati i soliti, era un continuo andare in porta e abbiamo avuto più volte la palla del 3-1. Non si può sbagliare tanto contro una squadra come la Roma. Dovevamo chiuderla perché un episodio ti può punire e così è stato. Abbiamo perso troppi punti in questo modo. Lo ripeto: non siamo maturi, dobbiamo crescere». Chiarisce anche l'ingresso di Lavezzi: «Pensavo stesse meglio e mi volevo giocare questa carta invece è ancora lontano dalla condizione». E sul terzo posto: « Se avessimo vinto sarei più fiducioso. Facciamo i nostri punti e alla fine tireremo le somme».

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