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La resa di Luis Enrique

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«Manca un giorno in meno ai miei saluti» Baldini: sono io il responsabile di tutto

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«Mancaun giorno di meno». A cosa, imputato Luis Enrique?. «A quando andrò via. Se è quello che volete - dice rivolgendosi ai giornalisti - lo avrete, state tranquilli. Adesso, però, non è il momento di scappare ma di pensare al bene della squadra, alle prossime quattro partite e a qualificarci per l'Europa League. Per fortuna vostra, non sono eterno. Non ho mai parlato di progetto, sono venuto qui solo a fare il mio lavoro. E il mio lavoro, in questo momento, consiste nel preparare la gara con il Napoli e poi tutte quelle successive. A fine stagione, poi, mi prenderò le mie responsabilità. Questa è una società diversissima da tutte le altre e le auguro i migliori esiti per il futuro». Parole da testamento anticipato in piena regola. Anche se una data certa, a detta di Luis Enrique, ancora non c'è: «Non ho ancora deciso cosa farò a fine stagione». I pensieri sull'argomento, però, non mancano. L'idea di salutare tutti a fine stagione e andarsene c'è e negli ultimi giorni è anche sempre più concreta e consistente. A Trigoria, nonostante gli ultimi rovesci e una situazione apparentemente in caduta libera, sono convinti che sia solo un'ipotesi che non potrà mai trasformarsi in realtà e che il progetto possa continuare senza cambi di panchina. Se invece Luis Enrique decidesse di dire arrivederci e dovesse essere irremovibile, allora all'interno della Roma potrebbero aprirsi scenari di ogni tipo. Baldini, in caso di dimissioni dell'asturiano, potrebbe anche pensare - pensare, sempre meglio ribadirlo - di seguirlo. Al momento, però, la società crede ancora e fortemente che Luis Enrique sia l'uomo giusto al posto giusto anche per il futuro. Tanto da non pensare minimamente a un sostituto o a un erede di qualsiasi tipo e da non ascoltare chi, come è successo martedì con l'autocandidatura di Walter Mazzarri, si stia proponendo (senza speranze) per l'avvenire. La posizione della Roma è quella sbandierata ieri, a caldo, da Franco Baldini. «Luis Enrique - ha detto il dg - sarà l'allenatore della Roma fino a quando sarò io a decidere. L'unico responsabile sono io e non mi tiro indietro. La proprietà americana sa di avere in mano il mio contratto. Se mi autorizzeranno ancora a prendere decisioni, non ci sarà alcun cambio di panchina. Ora, però, non posso essere nella testa di Luis Enrique in questo momento. In lui c'è l'amarezza per queste due sconfitte pesanti, l'amarezza di un uomo di sport che pensava di potersi giocare carte importanti per il terzo posto. Questo non vuol dire che abbia preso una decisione. Da parte nostra non c'è dubbio su di lui, sia come persona che come allenatore. Ci sono più dubbi su me stesso. Se c'è un responsabile, visto che tutte le scelte sono state mie, sono proprio io». E pensare che il buongiorno dell'Olimpico in una giornata finita tra vaffa a Luis Enrique e caccia (solo verbale) all'asturiano era stato uno striscione di cieca obbedienza ai dogmi di Lucho. «Capisco lo stato d'animo dei tifosi - ha detto il tecnico, che da ieri si è scoperto essere anche scaramantico - i risultati non sono buoni e la contestazione è normale. Il nostro primo tempo è stato negativo, ma nel secondo tempo siamo riusciti a reagire. Il gol di Lazzari, però, testimonia anche che stiamo attraversando una stagione sfortunata. Io penso ancora di essere in sintonia con la squadra, ma questa è una domanda che non va fatta a me ma ai giocatori». Anche Baldini, in fin dei conti, è innocentista nei confronti di tifosi e giocatori: «La contestazione è assolutamente legittima. Vorrei, però, assolvere la squadra. Nel secondo tempo ha dato tutto quello che poteva». Il problema forse è proprio questo.

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