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De Rossi: la colpa non è dell'allenatore

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L'unicavoce del coro del terribile 25 aprile della Roma è quella di Daniele De Rossi: mentre gli altri sfilano a testa bassa nella pancia dell'Olimpico, il centrocampista di Ostia non si nasconde nel cercare di analizzare il punto più basso della stagione romanista. «La squadra è giù, non dico distrutta ma oggi era veramente dispiaciuta. È chiaro che i giudizi vengano alterati dal risultato, anche se i risultati poi sono quelli che sono. Oggi (ieri ndr) ci siamo ritrovati a rincorrere ancora una volta, ci sono mille scusanti ma non è quello il problema: abbiamo perso col caldo e col freddo, in molte situazioni ambientali e tattiche». Se sul banco degli imputati del tribunale romanista finisce per primo Luis Enrique, il numero sedici la pensa diversamente: «Non credo sia lui il problema, c'è grande fiducia e rispetto nell'allenatore. Non parlo a nome degli altri, sembra stucchevole che sia sempre io a difenderlo. Penso che sia uno dei più bravi: mi hanno allenato Capello e Spalletti, non pizza e fichi. Forse non sarà il più bravo ma nemmeno il più fortunato». La pazienza generale termina al fischio finale: un punto a cui De Rossi prova a cercare spiegazione: «La curva ha cantato per tutta la partita, a volte trovo assurdi i paragoni con il Barcellona. In Italia c'è più passione ed è normale che i tifosi si stanchino».

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