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Stramaccioni: «Inter credici»

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Parlanoun'altra lingua, descrivono una realtà «normale» mentre chi li osserva da fuori vede solo caos, si difendono uniti contro gli attacchi sparpagliati. Baldini e Luis Enrique provano insieme a proteggere la loro idea di Roma, il famoso «progetto» che non decolla e a ogni sconfitta assume i contorni dell'utopia. Letti i giornali, il dg ha deciso di affiancare l'allenatore nella conferenza stampa di ieri. Per difendere se stesso e chiedere appoggio ai tifosi nonostante l'ennesima figuraccia rimediata a Torino. «Sappiamo dove stiamo andando e dove vogliamo arrivare. E sapevamo benissimo che ci sarebbe stato da soffrire tanto - sottolinea Baldini - non siamo capitati qui per caso, siamo una squadra di professionisti. Noi per primi siamo arrabbiati quando perdiamo, ma non ci tiriamo indietro di fronte alle responsabilità e da un percorso che va completato nel tempo: abbiamo parlato sin dall'inizio di un programma pluriennale». Tutto previsto, insomma, per questo Luis Enrique non è minimamente in discussione, a patto che non sia lui stesso a farsi da parte a fine stagione. «Ci siamo imbattuti in un professionista serio - conferma il dg - con qualità straordinariamente importanti. Il processo di crescita non è in ritardo rispetto alle aspettative. Il tecnico e la squadra sono un ottimo punto di partenza: siamo molto contenti del comportamento dei calciatori, nonostante anche io sia rimasto deluso da certi atteggiamenti poco determinati». Non lo ha nascosto e questo gli è costato un confronto duro con i giocatori. Alcuni di loro sono in discussione, dirigenti e tecnico no: così la pensano anche dalle parti di Boston. «C'è una proprietà - prosegue Baldini - che ci ha dato carta bianca e ha già speso quasi 100 milioni di euro. Non servono dimissioni, allontanamenti, esoneri: basta dire se sono contenti o no, indipendentemente dai contratti. La società è solida, c'è unità di intenti che è la garanzia per un futuro importante. Le contestazioni? Sono più quelle veicolate dalla stampa che quelle ricevute davvero: ai tifosi chiedo di mantenere compattezza con noi».Baldini lascia poi la parola a un Luis Enrique per niente intenzionato a dare spiegazioni sulla cronica discontinuità della sua Roma. Il tecnico farebbe volentieri a meno delle conferenze stampa e non fa nulla per nasconderlo. La prima risposta arriva dopo 50 secondi, nuovo record delle sue pause ormai consuete. «È tutta colpa mia» ripete ostinatamente a chi gli chiede quali siano gli errori suoi e della Roma. «Ho sbagliato in tutto, abbiamo solo 50 punti per colpa mia, tutto quello di buono che facciamo, invece, è merito dei giocatori». Le domande si ripetono, lo spagnolo non accetta il confronto. «State tranquilli, quando ho detto che sarei rimasto dieci anni scherzavo, qualcuno di voi - dice ai giornalisti - potrebbe morire...Non sarà così e non credo che arriverò a 5 anni». In ogni caso la decisione spetta a lui. «Andrò via il giorno in cui la società non avrà fiducia in me, o i giocatori non mi seguiranno, o i tifosi non penseranno che io sia l'allenatore giusto per la Roma, andrò via. Però il giorno in cui mi criticate voi, non vado via. Io l'identità della squadra la vedo ogni settimana, voi no. Giudicatemi per i risultati: siamo in corsa per la Champions anche se un po' lontani, più vicini all'Europa League. Ora la verità è questa». Per renderla più interessante bisogna innanzitutto battere la Fiorentina oggi. E c'è il rischio di doverlo fare senza Totti. «Ma la squadra - spiega Luis Enrique - deve abituarsi a giocare senza di lui: ha 35 anni, purtroppo, e non resterà in campo fino a 50». Meglio non pensarci.

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