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dall'inviato Carlantonio Solimene TORINO Controsorpasso.

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Apre Pepe, poi Mauri. Nel finale Alex regala mezzo scudetto alla Juve I biancocelesti si arrendono alla capolista ma restano terzi in classifica

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Ibianconeri dimostrano di poter affidarsi a più moduli e di contare su risorse infinite. Non è un caso se a decidere sia Alessandro Del Piero, entrato nel finale per suggellare le 700 ufficiali in bianconero e capece di mettere il suo marchio sulla corsa al tricolore dopo appena dieci minuti. Una punizione vellutata che sorprende Marchetti sul suo palo e manda a tappeto la Lazio. Troppo rinunciatari i biancocelesti per pensare di poter portare a casa un punto che, ad un tratto, sembrava cosa fatta. Invece la squadra di Reja, con il solito alibi delle tantissime assenze, si arrende soprattutto per l'incapacità di rovesciare l'azione. Anche una Juventus che nella ripresa sembrava stanca, a furia di stazionare nella metà campo avversaria, può risultare letale. Buon per la Lazio che i contemporanei stop di Napoli e Udinese lascino inalterato il vantaggio sul quarto posto, anche se si avvicinano Roma e Inter. Si parte all'insegna della pretattica. Dopo aver provato alla vigilia la difesa a tre, Reja sceglie di confermare l'impianto della ripresa col Napoli, sostituendo solo Konko e Radu con i pariruolo Scaloni e Garrido. Conte risponde col 4-3-3 con davanti Vucinic, Quagliarella e la bestia nera dei biancocelesti, Pepe. Il trio di attaccanti juventini non dà punti di riferimento e si dimostra fin dall'inizio un rebus per la difesa di Reja. I bianconeri avanzano a volte anche in otto, sono capaci di colpire sia per vie centrali che sulle fascie e alla Lazio non resta che stringere i denti in attesa che la sfuriata passi. Non è un caso se dopo 30 secondi Vucinic sia già libero di entrare in area e servire al centro Quagliarella che cicca la deviazione. E' solo l'inizio di un monologo che dura per 45 minuti. Ci vuole un Marchetti formato Nazionale per evitare la capitolazione immediata. Non che alla Lazio manchi il sacrificio. Rocchi e Mauri si aggiungono ai difensori e i due centrali Biava e Diakité sono entrambi già ammoniti nel primo tempo. Il piano partita però non regge a lungo. La Juve, dopo averci provato in tutti i modi, riesce a passare al 30'. Pirlo lavora una palla al limite dell'area e premia l'inserimento di Pepe alle spalle di Biava. Stop di petto e rovesciata quasi a emulare il Mauri di quattro giorni prima. Terzo gol per l'azzurro nelle ultime tre gare con la Lazio. I biancocelesti vacillano, ci vuole l'ennesimo miracolo di Marchetti su Vidal per restare aggrappati alla gara. La squadra di Reja sembra un pugile suonato che aspetta solo il gong e invece, un po' a sorpresa, al 45' arriva il pari. Ledesma per Scaloni, cross del terzino e incornata perfetta di Mauri, che trafigge Buffon praticamente al primo vero tiro in porta. In un attimo smascherato l'unico difetto della squadra di Conte: un primo tempo dominato, un solo gol e la beffa finale, prima rete subita dopo 568 minuti di imbattibilià. Al rientro dagli spogliatoi nessun cambio. La stanchezza però si fa sentire e la gara si anestetizza. Meglio per la Lazio, che gestisce. La Juve si innervosisce, rimedia tre cartellini gialli in fila e Conte decide di rompere gli indugi a 18 minuti dal termine: fuori Vucinic (male) e Pepe, dentro Matri e Del Piero. Reja lo imita inserendo Hernanes e Kozak per Mauri e Rocchi. La partita cambia di lì a poco. Ledesma commette un ingenuo fallo di mano al limite (anche se Damato è fiscale nel sanzionarlo perché il cross è ravvicinato), Alex va dalla sua mattonella e sorprende Marchetti sul suo palo (prima e unica indecisione del portiere biancoceleste). La Lazio è ormai sulle gambe ma prova comunque a imbastire una reazione che serve solo a far rimediare due gialli in pochi minuti a Kozak. Damato chiude dopo sei minuti di recupero. Il boato dello Juventus Stadium sa quasi di un pezzo di scudetto conquistato.

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