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Bandiera in campo e flop da dirigente

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Dal gol scudetto, alle sfide contro la Roma prima della fuga ai Cosmos La tripletta al San Paolo, il calcio a D'Amico, il «vaffa» a Valcareggi

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Dagiocatore perfetto, indimenticabile, una vera bandiera e meno da dirigente, due momenti distinti della sua vita comunque a chiare tinte biancocelesti. È lui uno dei simboli del più antico club della Capitale anche perché ha rappresentato agli inizi degli Anni Settanta il momento di riscossa della tifoseria laziale dopo anni di oblio scandito anche da penose retrocessioni in serie B. E invece lui fu l'alfiere di quella squadra che guidata da Maestrelli seppe interpretare il calcio totale e soprattutto portare per la prima volta uno scudetto a Roma dopo la guerra. La rinascita della Lazio comincia grazie alle prodezze di Giorgione capace di trascinare l'Olimpico laziale. Ma partiamo dall'inizio, dal matrimonio con la Lazio di quel centravanti un po' grezzo ma col cuore grande. Nato a Carrara si trasferì con la famiglia a Cardiff all'età di nove anni. La sua carriera ebbe quindi inizio in Galles con lo Swansea City, con cui disputò le stagioni 1964-1965 e 1965-1966. Arriva poi il trasferimento in Italia alla Massese, Serie C, e poi all'Internapoli, sempre in C, per passare infine alla Lazio (neopromossa in Serie A) nell'annata 1969-1970. Long John, questo era il suo soprannome un po' per l'altezza un po' perché era un buon bevitore. Diventa ben presto un personaggio nell'Italia dell'austerity, un vero vip tanto da cimentarsi anche nelle vesti di cantante incidendo il brano «I'm Football Crazy», che fu colonna sonora del film L'arbitro, interpretato da Lando Buzzanca. A Chinaglia gli Squallor hanno legato il titolo di un loro brano, «Il Vangelo secondo Chinaglia». È citato anche in una canzone di Rino Gaetano dal titolo «Mio fratello è figlio unico»: Mio fratello è figlio unico perché è convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone. Tante partite, 209 per la precisione e soprattutto 24 gol nell'anno dello scudetto del 1974 conquistato il 12 maggio grazie a un rigore segnato proprio da Giorgione al Foggia. In quella stagione vince anche la sua seconda classifica dei bomber, stavolta in serie A dopo quella di B vinta nella stagione 1971-1972 In quegli anni si ricordano tante reti ma anche episodi divertenti come quando scalciò D'Amico, reo di non aver rincorso Sandro Mazzola durante una partita contro l'Inter a San Siro. All'Olimpico, dopo un gol nel derby andò ad esultare la Sud curva dei romanisti. Ecco, con gli avversari cittadini aveva sempre avuto un rapporto particolare anche perché lui rappresenta il vero esempio di laziale. Al San Paolo prima di Napoli-Lazio salutò il pubblico di casa mostrando le corna ma dopo segnò tre gol bellissimi (3-3 il finale) tanto che tutto lo stadio, nonostante l'innata antipatia, fu costretto ad applaudire quelle prodezze del cannoniere biancoceleste. Memorabile anche il «vaffa» in mondovisione a Valcareggi che nel '74 lo aveva sostituito durante una partita dei Mondiali. Quel gesto gli valse l'ostracismo dei successi allenatore azzurri che di fatto non lo presero più in cosiderazione nonostante fosse uno degli attaccanti più forti di quei tempi (quattordici partite totali e quattro reti in maglia azzurra). Chinaglia concluse la sua carriera oltreoceano, al Cosmos, club newyorkese dove giocarono anche Pelè e Beckenbauer e tutti i calciatori migliori di quegli anni. L'avventura nel calcio statunitense durò sette anni e alla fine fu il miglior marcatore della storia della North American Soccer League: in sette anni segnò 193 gol in 213 partite. Poi viene il peggio perché Chinaglia, impeccabile da giocatore, commise qualche errore sia da presidente della Lazio sia successivamente per riprendere il comando del suo club. Guidato dal troppo amore e dalla voglia di far tornare il suo club ai fasti passati si presentò nel giugno del 1983. E invece altro che «Coca Cola», altro che sponsor americani la sua avventura da dirigente si concluse malissimo con la squadra in serie B la società sull'orlo del fallimento. Così arrivarono anche i primi guai con la giustizia: nel 1996, una condanna a due anni di reclusione per bancarotta fraudolenta e falso in bilancio riconducibili alla gestione della Fin Lazio (1986-87), la finanziaria proprietaria della società biancoceleste. Infine i disperati tentativi di rientrare nel calcio italiano: Catania, Marsala, Foggia e Lanciano, prima di provarci con la Lazio. L'annuncio, nell'ottobre 2005 Long John torna di nuovo aveva riaperto i cuori dei tifosi biancocelesti che già gli avevano perdonato la precedente gestione. Va pure peggio quando, nell'aprile del 2006, si apre un'inchiesta per aggiotaggio sulla scalata in borsa alla Lazio tramite la mediazione di Giorgio Chinaglia. L'ultima bomba, la più pesante, gli arrivò da Napoli nel luglio 2008: c'è anche Giorgione tra i dieci destinatari delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip per il tentativo di acquisto della Lazio con denaro della camorra. Il mandato di cattura, la fuga in America e la convinzione da parte di tanti che ancora una volta fosse stato aggirato da chi voleva truffare l'attuale presidente della Lazio. Voleva troppo bene alla «sua» società per macchiarsi di un atto del genere anche se, ad onor del vero, una parte della tifoseria aveva cominciato a dubitare della sua buona fede. Ora se n'è andato senza riunirsi col suo grande amore ma di sicuro sabato sera la Lazio avrà un tifoso più da lassù per tentare la scalata alla Champions League.

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