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Champions, Milan si può fare
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Tanto rumore per uno 0-0 che non scontenta nessuno e lascia tutte le strade ancora aperte. Certo, per questo Milan-Barça, spacciato più come una vera e propria finale anticipata che per un semplice primo atto di un quarto di finale, era lecito aspettarsi qualcosa di più. Le premesse, in fondo, c'erano tutte: San Siro vestito a festa già dal pomeriggio, 75mila «fortunati» allo stadio, Silvio Berlusconi in tribuna, un quasi (per «colpa» di qualche tifoso blaugrana rimasto a casa con il biglietto in tasca) tutto esaurito, 4 milioni di euro e rotti per il nuovo record d'incasso nella storia milanista e una coreografia ispirata al celebre videogioco «Pac-Man». Tutto molto bello, tranne un campo (non innaffiato, per la rabbia e le lamentele del Barça) in condizioni indecenti. L'anormalità della situazione, data anche da un pedigree complessivo di undici Coppe dei Campioni (7 nella bacheca del Milan e 4 in quella del Barcellona) in campo, è stata confermata dalle scelte iniziali di Allegri e Guardiola. Il primo, come da copione, ha preferito l'esperienza nel calcare determinati palcoscenici di Seedorf al quasi noviziato di Emanuelson, piazzato il duo Nesta-Mexes al centro della difesa con Bonera e Antonini ai lati e rilanciato Boateng alle spalle di Ibrahimovic e Robinho. Il secondo, invece, ha tirato fuori dal cilindro il coniglio Keita al posto di Fabregas per una mediana un po' più muscolare, avanzato Iniesta a fare compagnia sulla linea dei tre davanti alla premiata ditta Messi-Sanchez (preferito a Pedro), smistato Puyol a presidiare la fascia sinistra e rispolverato la coppia centrale difensiva Mascherano-Piqué. Il Milan, scaramanticamente di bianco vestito, è partito con il vento in poppa e si è messo di traverso alle collaudate traiettorie della nave blaugrana. I vecchi leoni Ambrosini e Seedorf hanno ruggito subito in faccia a Busquets e Robinho, dopo neanche tre minuti, ha sparacchiato alle stelle solo soletto davanti all'impaurito Victor Valdés. I sacri furori milanisti, però, si sono calmati dopo un quarto d'ora di celebrità. Il Barça, capita l'antifona, si è preso il pallone, l'ha fatto girare in lungo e in largo con le consuete percentuali bulgare (65% nel primo tempo) e non l'ha quasi più ridato ai rossoneri. Messi si è mosso qua e là, Xavi e Iniesta hanno attaccato la solita rumba e il Milan, per non farsi stritolare, ha stretto sempre di più la linea dei difensori. Gli attenti Bonera e Antonini, infatti, hanno abbandonato le fasce e si sono accentrati a dare man forte a Nesta e Mexes, aiutati tra l'altro anche dai frequenti rientri di Ambrosini e da quelli un po' più occasionali di Seedorf e Nocerino, nella costruzione di un'improvvisata, ma comunque efficace, trincea. L'efficacia del fortino, fatta eccezione per due paratine di Abbiati su Xavi, un intervento provvidenziale di Antonini su Sanchez e un rigore sorvolato dal arbitro Eriksson sullo stesso Sanchez, è dipesa più dall'incapacità di quagliare (specie con Dani Alves e Sanchez) di un Barça comunque in controllo che dalle gesta eroiche delle sentinelle rossonere. Lo stesso virus si è manifestato a parti invertite anche nell'unica altra occasione del primo tempo, al 20', in cui il Milan ha rimesso il naso nell'altra metà campo: Ibrahimovic, pescato meravigliosamente da Seedorf, ha scaricato un sinistro non proprio irresistibile addosso a Victor Valdés. La musica non è cambiata neanche dopo l'intervallo: il Barça è rimasto a palleggiare (e poco altro), il Milan a proteggere la fortezza di Abbiati e Ibra a latitare. Qualcosa di diverso (in positivo per Allegri) è arrivato dai cambi: fuori i fumosi e zoppicanti Robinho e Boateng, dentro le scariche di beata gioventù di El Shaarawy e Emanuelson. La girandola di sostituzioni non è finita qui: Mesbah ha preso il posto del monumentale (ma acciaccato) Nesta e Guardiola ha fatto fuori Iniesta e Sanchez per il rampante Tello e per Pedro. Il Barça, zitto zitto, è riuscito comunque a battere tre colpi nel finale: un sinistro di Tello, una capocciata di Puyol e un mezzo miracolo di Abbiati su Messi. Niente da fare. Questo 0-0 fa tutti felici, contenti e rimandati al Camp Nou.
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