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Lamela, gol in regalo

Lamela

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Tutto, in un certo senso, è iniziato con il derby d'andata. La prima convocazione di Erik Lamela arrivò proprio lo scorso 16 ottobre: i fastidi estivi erano finiti, gli allenamenti a Trigoria andavano benone e Luis Enrique decise di portarselo in panchina. «El Coco» si piazzò lì, seduto buono buono, e si mise a studiare con gli occhi i colori, i segreti e i trucchetti del mestiere del derby di Roma.   Fu, nonostante un lungo riscaldamento nel finale, solo una lezione, andata pure a finire male per la Roma con il gol di Klose che mandò in castigo i giallorossi, vissuta da spettatore, ma comunque utile per non essere impreparato all'appuntamento con la prima volta da protagonista. Sette giorni più tardi, infatti, Lamela esordì con il botto, ovvero un gol da cineteca, contro il Palermo: sinistro a giro sul palo lontano del portiere siciliano. Bene, bravo, poi sono arrivati anche i bis ma adesso viene il derby e tutto quello che è successo, nel bene o nel male, conta davvero poco. Un bel po' di magie, un curriculum di tre gol in stagione ma anche un'altalena, giustificata dalla carta d'identità, fra alti e bassi e una latitanza dalla reti avversarie lunga quasi due mesi: l'ultima firma dell'argentino, una doppietta straordinaria sbattuta in faccia alla Fiorentina in Coppa Italia, è datata 11 gennaio. Tutto è cancellato da un derby che non potrà mai essere come tutti gli altri e da una ricorrenza importante: il primo Roma-Lazio da vivere dentro al campo e i primi 20 anni da compiere. Tutto in un giorno: derby e compleanno. Il regalo, vista la coincidenza, è quasi scontato: i tre punti, meglio ancora se accompagnati da almeno un gol o da una prova da «hombre del partido». Anche perché il giovane Erik ha voglia di regalare qualcosa a Roma e alla Roma. «La città è avvolgente - ha detto l'argentino a goal.com - passionale, spettacolare, incredibile, sembra quasi di stare a casa. Ha un clima e dei monumenti, come San Pietro, pazzeschi. Poi c'è il cibo, specialmente la carbonara. Il mio obiettivo, in questo momento, è vincere qualcosa con la Roma. Luis Enrique è un tecnico unico, un vero amante del calcio. Totti è sempre stato gentilissimo con me, mi ha fatto subito sentire amio agio. Francesco e De Rossi sono i primi due tifosi della Roma e due veri leader dentro al campo». Ma Lamela ammette che il suo modello è sempre stato «Zidane, anche se pure Ortega è stato importantissimo per la mia crescita sia dentro che fuori dal campo. Alcuni miei colpi, come il tocco con la suola, nascono nel periodo in cui giocavo a calcetto. La differenza più evidente tra il calcio europeo e quello argentino è che qui il gioco è più ordinato e si tocca maggiormente il pallone». Ieri, intanto, Lamela, reduce da un mercoledì a Berna trascorso in panchina a guardare la sua Argentina fare a fettine la Svizzera, è finalmente ritornato a lavorare (a parte) a Trigoria. Un po' più tardi del previsto, ma solo per un normale ritardo aereo. Da oggi, però, potrà ricominciare a fare i preparativi per una domenica che si preannuncia speciale. Un derby, un compleanno e il sogno di un giorno perfetto. Ecco, Lamela, prima di soffiare sulle candeline, vuole propro questo.

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