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Matteo De Santis Brutta, bruttissima, praticamente mai entrata in campo e in balìa dell'Atalanta dal primo all'ultimo minuto.

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Anzi,c'è tanto tanto altro: un mal di trasferta che piano piano sta diventando incurabile, un'andatura lontano dall'Olimpico sempre più a passo di gambero, un'altra occasione persa per la classifica, un'altra resa incondizionata di una difesa ballerina e un'altra crisi di nervi e identità di molti personaggi romanisti ancora in cerca d'autore. Può bastare? In fondo, con o senza il ritardatario De Rossi, quella di Bergamo è stata l'undicesima fermata in una stagione ancora tutta da decifrare. «C'è qualcosa che non va», avrebbe detto Vasco Rossi. Ma forse qui, in questa pazza e a volte sgangherata Roma, è pure più di qualcosa. «Una partita da dimenticare», attacca forte e chiaro Luis Enrique. «Ho visto pochissime cose da salvare. Siamo entrati in campo distratti e abbiamo sofferto maledettamente le ripartenze dell'Atalanta. Sono molto dispiaciuto perché siamo lontanissimi da quello che voglio e anche arrabbiato per la fragilità che abbiamo mostrato». Le cose in trasferta, ormai, hanno preso una bruttissima piega. Da Cagliari a Bergamo, passando per Siena, la discesa libera è evidente: zero punti rimediati, 9 gol presi e 3 messi a segno. La lontananza dall'Olimpico «inizia a essere un problema serio - ammette il tecnico asturiano - che sta diventando sempre più difficile da combattere. Essere forti in casa è normale, ma noi dobbiamo esserlo anche fuori. Per riuscirci, però, dobbiamo fare molto di più. Per grinta e cattiveria, ad esempio, eravamo lontanissimi dall'Atalanta. Vincere giocando in questo modo è impossibile. Noi, a dire il vero, non siamo stati bravi neanche sul 2-1. Poi la partita è finita con il gol del 3-1 e l'espulsione di Osvaldo». Due rossi diretti e due gialli (uno a carico di un diffidato): questa Roma, quando perde la Trebisonda, sa anche essere maledettamente nervosa. In fondo una cosa simile era già successa a Firenze, un'altra Caporetto tremendamente simile a quella di ieri. «Mi dispiace - ammette Luis Enrique - che si sia verificato un simile crollo di nervi. Io, però, penso già rialzarmi e alla prossima gara. Il derby significa tanto per i tifosi e la società e la Lazio, poi, è anche una nostra diretta concorrente in classifica». Walter Sabatini mastica amaro: «Una brutta partita, anzi bruttissima. Un passo doloroso che forse ci esclude dal raggiungimento di alcuni pensieri che avevamo fatto ultimamente. Questo è un anno particolare, dobbiamo sopportare il danno che può scaturire da una gara sbagliata ma esser pronti a creare qualcosa per il futuro. Non tra quattro anni, ma da domenica». Una mezza parolina, però, il ds la regala anche a Damato: «Mi piacerebbe fare una filippica sull'arbitro, ma non me lo voglio permettere perché servirebbe solo a ripristinare un certo circuito. Noi dobbiamo essere più scaltri e non peggiorare le gare con una fragilità psicologica che non ci possiamo permettere». Su Damato ritorna anche Taddei: «Sarà una coincidenza, ma certi episodi succedono sempre con lo stesso arbitro. Non cerco giustificazioni, ma purtroppo è così». Franco Baldini, come sempre, non parla di arbitri e preferisce discutere solo ed esclusivamente, nel bene (stavolta poco) o nel male (stavolta tanto), della Roma: «Avevo detto che la nostra era una squadra un po' bambina e, effettivamente, lo è. Sicuramente saranno adottate delle conseguenze per il comportamento dei giocatori, anche perché quando le partite prendono una certa piega bisognerebbe avere comunque un atteggiamento propositivo. Terzo posto più lontano? Sì, ma cercheremo lo stesso di fare più punti possibili per riagganciare il treno per la Champions».

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