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Reja scappa via Lotito lo ferma. Per ora

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Il tecnico della Lazio si dimette, la società blocca tutto, Edy parte per Madrid Stasera a Madrid l'ultima volta in panchina: «C'è stata divergenza d'opinioni»

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Nonc'è formula migliore per descrivere la giornata ai confini della realtà vissuta tra le mura di Formello. Alla fine l'allenatore, che ha rassegnato le dimissioni scritte alle 14 di ieri, siederà comunque sulla panchina biancoceleste stasera, al Vicente Calderon di Madrid, ma sarà la sua gara d'addio. Perché lo farà? C'è chi dice per senso di responsabilità, altre voci vogliono un Lotito infuriato che abbia ricordato al tecnico i suoi doveri contrattuali, compreso quello di dare le dimissioni con un certo «preavviso», non certo a 3 ore dalla partenza per la Spagna. Fatto sta che dalla commedia andata in onda dal primo pomeriggio di ieri l'immagine della Lazio non esce benissimo. La pace siglata dopo l'infiammato confronto di lunedì è durata poco. Una notte di pensieri ha convinto il tecnico a farsi da parte. Si parla anche di un nuovo furioso litigio con Tare in mattinata. Come che sia, alle 14 il fax di Formello ha ricevuto la lettera di dimissioni dell'allenatore. Non era la prima volta quest'anno: già dopo Lazio-Genoa di settembre Reja aveva deciso di lasciare. All'epoca si trattava di frizioni con la tifoseria, stavolta a pesare è il rapporto compromesso con la società. Il fallimento del mercato di gennaio, le dichiarazioni pubbliche del tecnico sull'argomento, le scelte di formazione non condivise dalla dirigenza, soprattutto per l'ultima gara di Palermo. In questo caso la decisione appare definitiva. Lotito è volato a Formello, ma i tempi stretti - alle 17 il pullman della squadra doveva partire per Fiumicino - hanno convinto la società a cautelarsi e inserire Bollini, l'allenatore della Primavera, nella lista passeggeri per Madrid. A quel punto il retromarcia, Reja decide di partire comunque e Bollini viene fatto scendere dal pullman. Sulle cause del dietrofront resta il dubbio, anche se il volto mostrato dal tecnico a Fiumicino fa propendere per l'obbligo «contrattuale». Un Reja così nero a Roma non lo aveva ancora visto nessuno: «Lasciatemi in pace - urla ai giornalisti - le riprese le avete fatte, ora ho diritto a un po' di privacy». Qualcuno prova a chiedergli come va, lui risponde: «Male, male, male». L'impressione è che più che una scelta, la sua presenza stasera in panchina sia una costrizione. Nel frattempo a Formello va in scena una nuova riunione tra Lotito, Tare e il segretario Calveri per studiare le mosse successive. Gli ultimi due si aggregano al gruppo in partenza per Madrid una quarantina di minuti più tardi. Al ds è affidato l'ultimo tentativo di ricomposizione. Niente da fare. Poco dopo le 20 Reja si presenta nella sala stampa del Vicente Calderon con il chiaro mandato di non dire una sillaba sull'argomento. Missione impossibile. Tra un «no comment» e l'altro il tecnico si lascia sfuggire indizi di verità: «C'è stata una divergenza di opinioni con la società e il mio futuro già lo conoscete. Penso solo alla partita, cercheremo di onorare l'impegno e fare una bella figura. La mia ultima gara? Ne parleremo poi». Sono le conferme definitive dell'addio, nonostante le comunicazioni ufficiali della società («dimissioni respinte, poi venerdì si vedrà»), le parole di Kozak («siamo sempre col nostro allenatore») e il tentativo di una delegazione dei 2.500 tifosi laziali arrivati a Madrid, pronti a incontrare il tecnico per convincerlo a non mollare. Reja lascia una Lazio terza in classifica, dopo 132 punti in 77 gare di campionato, una salvezza che sembrava un miraggio e il ritorno in Europa. I numeri sono dalla sua parte. A scorrere i sondaggi che circolavano ieri, anche la stragrande maggioranza dei tifosi.

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