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Lazio, nuovo patto

L'allenatore della Lazio Edy Reja

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Doppio confronto in casa Lazio all'indomani del tracollo a Siena: dopo la contestazione davanti alle porte del centro sportivo di Formello, sabato notte, ieri mattina la squadra si è ritrovata per allenarsi ma, prima ancora di scendere in campo, ha affrontato un faccia a faccia di circa mezz'ora col presidente Lotito. Alla presenza anche di Reja e Tare, i calciatori si sono assunti la responsabilità del ko in Toscana, col patron biancoceleste che con forza ha invitato tutti a una pronta reazione. Successivamente, il summit si è ridotto a Reja, Tare e Lotito. Un incontro servito a portare un chiarimento tattico e a definire meglio le strategie immediate di mercato. Arriverà di sicuro un centrocampista e, per tamponare il momento difficile, non è escluso un ritorno al 4-2-3-1 con i corridori Gonzalez e Lulic: un modulo più conservativo in un momento di difficoltà fisica della squadra, magari già da domani in Coppa Italia col Verona. Che la crisi vada affrontata con fermezza è innegabile. L'anno scorso i biancocelesti chiusero il girone d'andata a 34 punti. In questa stagione, a due giornate dal giro di boa, si è fermi a 30. Vuol dire che, a meno di battere sia Atalanta all'Olimpico che Inter a San Siro, la squadra di Reja rischia di fare come o peggio dell'anno scorso. Il salto di qualità invocato dopo un mercato estivo scoppiettante, insomma, non è arrivato. Certo, ci sono le attenuanti. Innanzitutto dodici mesi fa la pressione era diversa: dopo il rischio retrocessione nessuno chiedeva miracoli al gruppo biancoceleste. E poi non c'erano le coppe (archiviate finora comunque con una qualificazione ai sedicesimi di Europa League) e si viveva in una sorta di bolla mistica che proteggeva da tutti gli infortuni. Anche da questo punto di vista, però, qualcosa poteva essere previsto: affrontare una stagione così ricca di impegni con una rosa dall'età media tra le più alte in A - a Siena sette ultratrentenni nell'11 titolare- comportava dei rischi, anche considerati i precedenti di gente come Mauri o Matuzalem. Nonostante ciò la Lazio ha viaggiato ad alti ritmi, ma le avvisaglie del crollo c'erano tutte: dalla sosta di novembre i biancocelesti hanno frenato. Spesso è stato superKlose a nascondere la polvere sotto il tappeto ma quando il panzer tedesco ha cominciato a rifiatare, il tappeto si è alzato e lo sporco è venuto fuori tutto insieme. Nell'ultimo mese per ben tre volte Edy Reja ha commentato con difficoltà le prestazioni della squadra: dopo la vittoria di Lecce («non meritavamo, abbiamo giocato male»), dopo il pari col Chievo («in campo non c'eravamo, dobbiamo ringraziare Bizzarri») e dopo il ko di Siena («Chiedo scusa ai tifosi, tutti colpevoli, io per primo»). Un'escalation negativa che testimonia come il tecnico fosse perfettamente consapevole dell'involuzione biancoceleste. Ma non abbia fatto granché per arginarla. La gestione della sosta, da questo punto di vista, è stata esemplare: doveva servire per recuperare fiato e infortunati, ma la Lazio si è ripresentata in campo ancora incerottata e sulle gambe. Il diverso trattamento riservato a europei e sudamericani (con i secondi liberi di tornare solo il 2 gennaio, che per alcuni è diventato 3, 4 o 5) ha creato malumori nel gruppo culminati nel duro confronto tra Sculli e il tecnico scoppiato proprio a Siena. Anche questo non è un inedito: il calcione di Hernanes alla panchina a Napoli o lo sguardo perplesso di Klose alle indicazioni di Reja a Lecce dimostrano come la compattezza del gruppo non sia più così granitica. Ieri la squadra ha difeso ancora una volta il tecnico. Contro l'Atalanta si capirà se si è trattato solo di parole o di una vera unità d'intenti.

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