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Una rinascita da Nazionale

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Marchegiani, si aspettava un Marchetti così in forma dopo pochi mesi? «Sono rimasto sorpreso. Non era facile rientrare e ritrovare così presto determinate sicurezze. La verità è che puoi allenarti quanto vuoi, puoi anche avere una condizione atletica straordinaria ma poi certe cose te le dà solo il campo. Io chiamo tutto questo il "sentire la porta". E non è tutto: anche mantenere alta la concentrazione per tutti i novanta minuti non è semplice, è una cosa che viene solo con la continuità. In tutto questo, Federico è stato davvero molto rapido». Cosa cambia tra il dover difendere i pali di una piccola e il misurarsi con una realtà più importante? «Anche in questo caso è una questione di concentrazione. Nelle provinciali ti guadagni la "pagnotta" con le parate, nelle grandi squadre il tuo compito è anche e soprattutto quello di saper dirigere la difesa. In ogni caso è una differenza assai più sfumata che in passato. Il calcio italiano ora è molto più equilibrato, neanche le cosiddette piccole subiscono più dieci-quindici tiri a partita». Potrà essere un handicap essere arrivato nel grande calcio un po' in ritardo? «Non credo. L'età per un portiere è un po' più relativa. Lo scotto del noviziato Marchetti l'ha accusato più che altro in Nazionale. Si è trovato a difendere i pali in un Mondiale senza avere alle spalle una grandissima esperienza internazionale e qualcosa ha pagato». L'azzurro deve considerarsi un capitolo chiuso? «Assolutamente no. Secondo me Prandelli ha fatto bene a non convocarlo ancora. Sarebbe stato un caricarlo subito di eccessive responsabilità. Marchetti per ora deve essere contento di quello che sta facendo alla Lazio e continuare così. C'è ancora tanto tempo prima degli Europei». Chi sono i rivali più «pericolosi»? «La concorrenza in questo momento è tanta. Sirigu da quando è andato all'estero lo sto seguendo un po' di meno, ma De Sanctis si sta comportando piuttosto bene e non bisogna neanche dimenticarsi di Viviano, che in questo momento è infortunato ma ha dimostrato di poterci stare a certi livelli. La scuola italiana sembra tornata ai tempi migliori». Quali sono i pregi del portiere biancoceleste? «Lui mi è sempre piaciuto molto, non lo dico da adesso. È uno dei più bravi a coprire la porta. In più è molto coraggioso nelle uscite». Forse è quello che mancava a Muslera... «L'uruguaiano è un grande portiere, a mio parere uno tra i migliori al mondo. Ha cominciato male ma poi con il giusto impegno e l'umiltà si è saputo riprendere alla grande. Poi magari di lui si ricorda qualche papera ma si dimentica che quando ha iniziato con la Lazio era davvero giovanissimo». Se dovesse sceglierne uno? «Francamente non saprei, sono entrambi tecnicamente molto forti. Due portieri completi». Una città come Roma quante pressioni mette? «Davvero tante, ma da questo punto di vista non c'è diffenenza tra il portiere e i compagni. La Capitale ti sa dare veramente tanto, ma assorbe altrettante energie emotive. Se ripenso ai miei tempi, credo che adesso la situazione sia un po' migliorata, perché ora la squadra sta facendo benissimo in una situazione in cui le aspettative non erano così alte. Il clima è un po' più rilassato». Ci sono i presupposti giusti per continuare a volare? «La Lazio che ho visto finora può arrivare molto in alto, ma mi sembra ancora troppo presto per definire gerarchie precise. Secondo me può piazzarsi tranquillamente tra le prime cinque. Bisogna tenere presente che quest'anno il campionato è molto più competitivo. Tante squadre si sono rese conto di avere potenzialità importanti. Oltre a Milan e Juve, anche Napoli, Udinese e per l'appunto i biancocelesti. Senza dimenticare l'Inter che penso sia destinata a reinserirsi nei piani alti». Il discorso, scudetto, insomma, è ancora prematuro. «In questo momento il Milan dal punto di vista tecnico e la Juve da quello delle motivazioni hanno ancora qualcosa in più. Ma la Lazio può inserirsi subito alle loro spalle».

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