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Un calcio alla 'ndrangheta

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Gli azzurri sul campo di Rizziconi confiscato alle cosche Messaggio di Prandelli: non mollate la lotta contro le mafie

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ContradaLi Morti, località Rizziconi, un paese qualunque, che spunta nella piana di Gioia Tauro. Per poche ore l'agglomerato di case si tinge d'azzurro: c'è la nazionale di Prandelli. A ridosso del campo di calcetto, che sorge su un terreno confiscato dalla 'ndrangheta nel 2000, un migliaio di persone e tanti bambini che vanno a caccia di foto da mettere nell'album dei ricordi. Insieme a mille ragazzi delle scuole di Rizziconi, e a una rappresentanza di ragazzi del quartiere Zen di Palermo, presenti all'evento il presidente federale Giancarlo Abete, il suo vice Albertini, il presidente della Lega di B Abodi, le massime autorità locali, provinciali e regionali, oltre a Don Luigi Ciotti di «Libera», ideatore dell'iniziativa. La presenza della nazionale è stata anche l'occasione per commemorare il giovane Domenico Gabriele, ragazzo di 12 anni, assassinato a Crotone nel 2009 mentre si allenava su un campo di calcio, trovandosi tragicamente davanti al vero bersaglio di un regolamento di conti. Giornata particolare, con gli azzurri per una volta impegnati su un campo di calcio a 5: Pirlo e compagni fanno riscaldamento, poi si dividono in quattro squadre dando vita a un mini torneo di calcetto. Si gioca in totale libertà, senza schemi, e anche questo sembra essere un messaggio. Vince la squadra di Balotelli, uomo del momento. Poi il tuffo tra la gente, gli autografi, le foto, la doccia. Consapevole dell'importanza dell'appuntamento, il capitano Gianluigi Buffon, che domani contro l'Uruguay raggiungerà Zoff nella speciale classifica delle presenze in azzurro, che prima di risalire sul pullman si concede ai microfoni e ai taccuini dei cronisti. «Sono scesi in campo i valori della libertà - afferma il portiere della Juve - il grimaldello per combattere la criminalità é smuovere le coscienze». Molto colpito dall'esperienza vissuta anche il ct Prandelli: «È stata una giornata storica, andiamo via arricchiti, siamo rimasti colpiti dalle parole di Don Ciotti e dalla partecipazione dei ragazzi - confessa l'allenatore azzurro - siamo orgogliosi di aver insistito perchè la Nazionale potesse venire qui. Adesso non mollate mai. Non è solo una sfida ma l'idea di poter iniziare qualcosa di importante non solo per questa terra ma anche per l'Italia». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Marchisio. «È stata una giornata importante, ho vissuto una grande emozione. Ci sono stati tanti bambini qui per noi, speriamo di aver dato anche noi qualcosa a loro. Il problema non è solo in Calabria - cunclude il mediano bianconero - con forza e compattezza si possono fare cose importanti». Gli Azzurri salgono alla spicciolata sul pullman dopo aver firmato autografi ai bambini in festa, e aver posato per qualche altra foto. Ma l'entusiasmo dei più piccoli fa a pugni con la consapevolezza dei più grandi: «Non basta un giorno di festa per risolvere i nostri problemi». La morsa della Malavita si sente, si avverte: nella piazza principale del paese, l'arrivo della nazionale non fa notizia. «È stato bello vedere i calciatori qui a Rizziconi - afferma un uomo di mezz'età di fronte al bar centrale - sicuramente c'hanno dato un messaggio di attenzione, e a loro dobbiamo dire grazie. Ma qui i problemi sono altri, a cominciare da quello del lavoro. Solo così si potrà contribuire a battere la 'ndrangheta».

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