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Gli azzurri nell'inferno di Belgrado

Il capo ultra' dei tifosi serbi, Ivan Bogdanov, durante i disordini prima della partita Italia-Serbia

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Il prologo della trasferta serba non è stato certo uno dei più sereni. All'esterno dell'aeroporto di Belgrado gli azzurri hanno trovato ad attenderli una macchina della polizia, un furgoncino blindato e un ulteriore fuoristrada delle forze dell'ordine. Giusto per ricordarsi che quella di stasera contro Stankovic e compagni non è una partita come le altre. È passato un anno dalla folle notte di Genova. Il 12 ottobre 2010 un nutrito gruppo di ultras nazionalisti serbi mise a ferro e fuoco il Marassi impedendo che la sfida con l'Italia, valida per le qualificazioni agli Europei, potesse svolgersi. Arbitro e giocatori, ben sapendo che il risultato sarebbe stato deciso a tavolino, provarono comunque ad andare avanti per allentare la tensione, ma dopo sei minuti si dovettero arrendere. Quello che è successo nei giorni successivi - l'arresto di Ivan Bogdanov, i tre punti a tavolino per l'Italia, i due turni a porte chiuse per la Serbia, le ammonizioni per entrambe le Federazioni - ha contribuito a far salire al massimo il livello di guardia alla vigilia della gara di ritorno. Stasera a Belgrado, nello storico Maracanà della Stella Rossa, dovrà svolgersi una semplice partita di calcio senza problemi di ordine pubblico, pena le gravissime sanzioni minacciate dalla Uefa. La polizia di Belgrado ha diffuso un decalogo per illustrare ai tifosi i comportamenti da tenere nello stadio. A scorrerlo, fa sorridere. Vi sono norme di semplice buonsenso che dovrebbero valere per qualsiasi incontro, non solo quelli ad «alto rischio»: vietato introdurre nello stadio armi da fuoco, sostanze psicoattive o droga, materiale di tipo razzista o estremista, provocare tagli o altre lesioni. La Serbia, d'altronde, questa sera si gioca tanto se non tutto. Nonostante la mannaia dell'Uefa, la squadra guidata da Vladimir Petrovic si è saputa rimettere in corsa fino a conquistare il secondo posto del girone, che varrebbe l'accesso agli spareggi. Una vittoria stasera le potrebbe consentire di archiviare in anticipo la pratica. A meno di altri disordini, ovviamente. L'Italia di Prandelli si presenta all'appuntamento più tranquilla. La qualificazione diretta è stata già ottenuta, le attenzioni di tutti sono dirette al campionato (non a caso Pazzini, Balotelli o Criscito al primo dolorino hanno fatto ritorno a casa) e un passo falso non farebbe così male. La Federcalcio azzurra, inoltre, per risolvere il problema alla radice, ha deciso di non ritirare il pacchetto di biglietti riservati alle squadre ospiti e di vietare l'ingresso a qualsiasi italiano si fosse procurato il tagliando per altre vie. L'incubo è costituito dal cosiddetto Gruppo Ultrà Italia, «tifosi» del nord est che approfittano delle partite della Nazionale per lanciare slogan e mostrare striscioni a sfondo nazionalista. «Sarà strano giocare senza tifosi - ha commentato Prandelli - ma si tratta di una situazione particolare, va accettata. Dalla prossima avremo di nuovo la gente con noi». Il ct, peraltro, nella vigilia ha dovuto fare i conti con altri problemi. Prima gli infortuni, poi l'ennesimo caso Cassano, con il barese che ha insultato un giornalista, convinto che stesse origliando le sue parole, e in seguito ha chiesto scusa obbedendo al codice etico degli azzurri. Stasera «Fantantonio» sarà regolarmente al suo posto, accando a Giuseppe Rossi che ha recuperato dagli acciacchi alla caviglia. I pochi significati sportivi della sfida dovranno darli proprio loro: dimostrare che l'Italia dei piedi buoni, quella «modello-Barça», riesca a reggere il confronto anche con un avversario «vero». Un avversario in casa del quale non si vince dal lontano 1939, 1-2 con gol di Piola e Colaussi. Che siano «Pepito» e Cassano i loro eredi?

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