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L'Italia vuole un'altra vittoria in Cile

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Trentacinqueanni dopo l'unico, storico trionfo in Coppa Davis, l'Italia del tennis torna in Sud America e come d'incanto, di fronte alle tribune dell'Estadio Nacional, riassapora le sensazioni del passato, con Corrado Barazzutti allora protagonista in campo e oggi condottiero in panchina. Tante cose, però, sono cambiate dal quel lontano 1976. Innanzitutto non c'è più il generale Pinochet. Cosa fare? Meglio giocare per non concedere un'ulteriore cassa di risonanza mediatica al regime, oppure boicottare l'evento in segno di protesta, come aveva fatto pochi mesi prima l'Unione Sovietica di Breznev? Alla fine prevalse la volontà dell'allora capitano Nicola Pietrangeli e gli azzurri, tra vittorie storiche e provocazioni memorabili (come la maglietta rossa indossata da Panatta e Bertolucci in doppio), poterono festeggiare l'ambita Insalatiera. Da domani a domenica, purtroppo, lotteremo con umiltà per obiettivi più modesti. Nessuna Coppa Davis in palio, ma soltanto un posto tra le migliori sedici nazionali al mondo, in un Gruppo Mondiale dove manchiamo addirittura dal 2000, da quando cioè il Belgio ci spedì nell'inferno della serie B. Ci abbiamo provato già cinque volte, inesorabilmente fermati da Croazia, Spagna, Svizzera e Svezia: partite difficili, a volte impossibili. Stavolta, però, l'Italia è favorita. Stavolta i top 50 Fognini e Starace (più Bolelli e il doppista Bracciali) non possono temere l'ambiente cileno, né il velocissimo cemento allestito a Santiago. Stavolta gli azzurri, svegliati bruscamente ieri notte da un forte terremoto, non possono fermarsi di fronte a Capdevile, modesto numero 101 Atp, né all'acciaccato Gonzalez, lontano anni luce dai livelli da top 5 toccati nel 2007.

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