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Un anno buttato Ma perché?

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Ameno di improbabili ripensamenti, difficilmente individuabili per la Lega, visto che avrebbero dovuto prevedere dei pensieri, il campionato non partirà alle date stabilite. Un vero trionfo per la logica e per il buonsenso che dovrebbero guidare tutti gli esseri umani, a prescindere dai loro ruoli istituzionali. Parole che i protagonisti della vicenda, i padroni del vapore per intenderci, devono andare a cercare sul dizionario. C'è stato un anno di tempo per risolvere un problema di quelli che non tolgono il sonno, un margine che è stato impiegato dai presidenti dei club per rimangiarsi impegni assunti, per adottare il pugno di ferro, per decretare la rottura. Volevano rompere, insomma, e hanno rotto, secondo annoso costume: non solanto al mondo del calcio, ma a tutte le persone intellettualmente normodotate. Se vogliamo dirla tutta, visto che il calcio professionistico è diventato a tutti gli effetti una grande industria, e una ditta fosse stata amministrata con gli stessi principi, i gestori sarebbero stati presi a calci nel coccige fino a fargli percorrere l'intero Equatore. Nella vicenda ha tentato un intervento di mediazione le Federacalcio, i cui poteri hanno attualmente la stessa valenza del due di coppe quando è briscola denari. Si sono visti i risultati: la Lega ha fatto fronte compatto, senza neanche voler ragionare sui punti in discussione, il voto contrario di Massimo Cellino sembra più una ripicca personale nei confronti del «falco» De Laurentiis che una scelta di campo spontanea. Fa rabbrividire l'appuntamento del 19 agosto, fissato dai responsabili di club per occuparsi di una vicenda che era rimasta in stallo per un anno e oltre. Non sono stati i calciatori, un sindacato forte di tanti ricchi ma anche di tanta gente che per mesi non riceve quel minimo di stipendio per sfamare i figli, a provocare quel voltafaccia al quale si stenta a dare un'accettabile giustificazione. Difficile si trovino sbocchi in extremis, magari non si strapperà i capelli Luis Enrique, che è alle prese con lavori in corso per i quali non sono ipotizzabili tempi brevi, ma si tratta di una situazione particolare. Altri saranno meno entusiasti, primi fra tutti i tifosi che in questo periodo dell'anno rischiano crisi di astinenza, ma anche le televisioni che vedono mortificati i loro sontuosi investimenti. Che rottura!

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