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Un po' Spalletti, un po' Capello e, da ieri, un po' Mourinho

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LuisEnrique non insegue modelli ma ieri si è lasciato scappare una citazione dello Special One: «Non sono un mago come Harry Potter». Mourinho lo disse la prima volta nell'estate precedente al «triplete», quando il mercato di Moratti non lo stava soddisfacendo. Detto, fatto: l'Inter prese Eto'o, in cambio di Ibra, e Sneijder per far passare i pruriti al tecnico. Luis Enrique non chiede tanto, ma neanche vuole nascondere che il mercato romanista sia a metà dell'opera. «Non so dire quanti giocatori mancano - spiega lo spagnolo - sicuramente qualcosa andrà fatto per completare la rosa. Al momento non lo è. Nomi? Non voglio dare indicazioni sui rinforzi che ci servono, preferisco parlarne con Sabatini. Non mi interessa la carta di identità degli acquisti, piuttosto io guardo alla carta d'identità calcistica, quella che dimostrano di avere sul campo». Il 19enne Casemiro, ad esempio, gli andrebbe benissimo.A Riscone ha dovuto lavorare con un abbozzo della squadra che sarà. Neanche l'aggiunta di Bojan, Heinze, Josè Angel e, solo da domani, di Stekelenburg, può bastare per sbilanciarsi sugli obiettivi. E qui arriva la citazione mourinhana. «Non sono Harry Potter, non ho la bacchetta magica e non so dire adesso dove potremo arrivare. Capiterà di cadere, l'obiettivo sarà rialzarsi e farlo bene. Questa è un'avventura meravigliosa, sono ottimista ma il nostro cammino è lungo e tortuoso». In ritiro aveva paragonato la Roma a un bebè attaccato al biberon, ora parla di una creatura «che muove i primi passi. Non può bastarmi la partita col Paris Saint Germain per farmi un'idea». Così come non gli basterà quella di stasera a Budapest (ore 20.15, diretta Roma Channel) contro il Vasas che festeggia il centenario. Sarà l'occasione di vedere all'opera per la prima volta Bojan ed Heinze, di testare i progressi di Josè Angel, di capire come Luis Enrique intende aggiustare il centrocampo, dove si rivedrà De Rossi, e se insisterà su Borriello (comunque in bilico) sull'esterno. Intanto ha rispolverato Okaka e lasciato a casa Burdisso e Juan. In prospettiva, il problema vero sarà comporre un terzetto in mediana soddisfacente. «Il giocatore che mi ha colpito di più? Viviani» risponde l'allenatore, scontento di tutti gli altri centrocampisti, De Rossi a parte. E proprio su «Capitan Futuro» rafforza i concetti già espressi. «È un punto di riferimento per questa Roma: ho detto alla società che vorrei restasse e la sua prima scelta è sicuramente quella». Rinnovo permettendo e gli ultimi segnali sono positivi. Vucinic, invece, se n'è andato, a quanto pare senza lasciare troppi rimpianti. «Aveva altri obiettivi - ammette Luis Enrique - e chi non vuole rimanere può andare via, vogliamo giocatori che si sentano coinvolti al 100%. Quelli che si sono adesso lo sono. Per il momento». Compreso Totti che attende ancora il chiarimento con Baldini. Ieri un sito ha diffuso delle parole del dg in «pectore» («Mi prendo gli insulti, Totti non si discute, la sua bontà è stata sfruttata e lui non fa niente per evitarlo: intendevo questo con la parola "pigro"»), salvo poi farle sparire visto che non erano dichiarazioni da rendere pubbliche. Baldini dovrà farci l'abitudine: la comunicazione a Roma è ancor più schizofrenica di quanto la ricordi lui.

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