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Goodbye Londra Ancelotti è libero

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MatteoDe Santis In vino veritas. In una bottiglia in più in cantina, gentile e tradizionale omaggio di Sir Alex Ferguson, e in una di Ornellaia - il rosso di Bolgheri che avrebbe dovuto bagnare la qualificazione - rimasta immacolata, c'è tutto il destino di Carlo Ancelotti. Non più «king», non più intoccabile e ormai con i bagagli pronti in attesa che l'inevitabile licenziamento diventi realtà. Un anno fa la tripletta (Community Shield, Premier League e Fa Cup) che fece del Chelsea l'asso (quasi) pigliatutto sui tavoli da gioco inglesi, adesso, per dirla alla Mourinhho, «zero tituli». Uno zero che è praticamente attillato alle possibilità di Carletto di restare ancorato per un altro anno, come vorrebbe il contratto in essere, dalle parti di Stamford Bridge. I fatti, in fondo, dicono che il Chelsea ha completamente toppato le campagne d'Inghilterra e l'avventura europea, autentica chimera di Abramovich. Il piatto piange: prime bastonate ricevute ad agosto dal Manchester United in Community Shield, seconde dall'immediato sfratto dalla Carling Cup per mano del Newcastle, terze dalla cacciata dalla Fa Cup ad opera dell'Everton e successive da una classifica di Premier League che recita terzo posto a undici punti dal Manchester United (di nuovo). Ma le bastonate più dolorose, e che costeranno il posto all'imputato Ancelotti, sono arrivate dalla Champions. Non è una novità, vista la sfortunata tradizione dei Blues, ma come sempre sarà l'ago che farà pendere la bilancia dalla parte di una nuova rifondazione in panchina. Un epilogo che sembrava scontato a dicembre, quando Abramovich licenziò l'allenatore in seconda (e amico di Ancelotti) Ray Wilkins per far posto al suo uomo di fiducia Michael Emenalo, un po' meno a gennaio con una chiusura di mercato alla faccia dell'austerity e all'insegna dei botti, da oltre 80 milioni, Fernando Torres e David Luiz. Avrebbe deciso tutto la Champions e la Champions ha deciso: Chelsea sbattuto fuori ai quarti dal solito Manchester United, Ancelotti bocciato per aver preferito le polveri alluvionate (0 gol in 693 minuti) di Torres all'indiavolato Drogba, tabloid scatenati contro Carletto, difesa d'ufficio affidata a Cech e conto alla rovescia per lo scontatissimo «good bye» già iniziato. Il futuro di Ancelotti, lontano da Londra, è tutto da scrivere. Non gli dispiacerebbe affatto il Real e non ha mai fatto mistero di voler tornare, un giorno non meglio precisato, alla Roma. Problemi: a Madrid c'è Mourinho e le chiacchierate informali con Franco Baldini sulla nuova Roma non sono andate benissimo. Richieste, acquisti obbligatori (uno era Pirlo) e Champions conditio sine qua non. Solo un bel po' di passi indietro ancelottiani potrebbero cambiare le carte sul tavolo giallorosso, dove si continuano a mischiare tanti allenatori, Montella compreso. Di sicuro, Carletto non resterà a spasso. C'è quella bottiglia di Ornellaia che aspetta di essere aperta per brindare a una nuova avventura.

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