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Senza Ranieri e con Totti a noi il derby

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Segli amici romanisti promettono di non seccarsi, mi permetterò di dire in poche righe la mia, da laziale, sulle dimissioni di Ranieri e sulla sua sostituzione con Montella, primo esempio di neoallenatore prepagato come certe carte di credito (cosa singolare ma più che consona a una società calcistica di proprietà di una banca). Da laziale, dunque, dico che l'esonero di Ranieri mi rattrista e mi rallegra allo stesso tempo. Mi rattrista perché Ranieri, nonostante il sangue testaccino, aveva le stimmate del laziale: signore e sfigato, coerente con i suoi principi e con quelli dello sport anche a dispetto della convenienza economica, tanto più eloquente quanto più silenzioso (la dignità di certi gesti dice più di mille violente parole). Mi rallegra perché con lui in panchina la Roma aveva vinto gli ultimi quattro derby di fila e sono arcisicuro che avrebbe vinto anche il quinto (certe cose non succedono per caso, come i romanisti impararono a loro spese ai tempi di Zeman). In quanto a Montella, a sentirlo parlare sembra spietato come può esserlo soltanto un giovane reso baldanzoso dall'inesperienza, e molto convinto di domare con un gesto, come il dio Nettuno, le tempestose acque dello spogliatoio giallorosso. Dice che ascolterà tutti ma che, alla fine, deciderà da solo. Bene, benissimo. Da laziale gli auguro di riuscirci davvero. Così nel derby di marzo deciderà, naturalmente da solo, di richiamare in servizio l'antico sodale Totti. E finalmente vinceremo noi.

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