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Napoli e Roma reggono il passo della capolista

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Prevedibileche incontrasse difficoltà la Juventus sul campo della Sampdoria, in una partita di rara bruttezza, poche e occasionali le opportunità di schiodare quello zero a zero che rappresenta crudelmente la somma dei meriti delle protagoniste. Infortuni a raffica, la Samp perde in due minuti prima Pazzini e poi Pozzi che lo aveva appena sostituito, nelle Juve era durata pochi istanti l'esibizione di Traorè. Forte il sospetto che a tutti questi problemi non sia estraneo il terreno di Marassi, la cui regolarità ha puntualmente brevissima durata. Ma la più pesante bocciatura della giornata, nelle alte sfere, riguarda la Lazio, che si è portata a Bologna non soltanto le ruggini, ma soprattutto il nervosismo che tradizionalmente fa seguito a un derby perduto. Avevano cominciato benissimo, i romani, bello nello sviluppo e nella finalizzazione il vantaggio di Floccari, poi il peccato, un po' troppo spesso ricorrente, di non saper chiudere i conti. E così il Bologna, che divide con Udinese e Cagliari il privilegio di esprimere il gioco migliore in questa fase di stagione, ha voluto dimostrare ancora una volta di essere più forte di tutti i motivi di allarme legati al futuro della società. Pari di Ramirez, poi l'ingrato Di Vaio ha calpestato il suo passato con un paio di gol eleganti, confermando una vena straordinaria. L'arbitro ha sbagliato quasi tutto, però non a senso unico, giusto il rosso a Dias, ingiustificabile avere consentito l'intervento di giocatori bolognesi in panchina, coda quasi inevitabile quella sgradevole rissa finale innescata da un brutto gesto di Zarate, fuori di testa per l'iniziale esclusione. La sensazione è che, a parte la serenità che l'aveva sorretta nella fase di avvio, la Lazio abbia smarrito la condizione atletica, problema da non sottovalutare, Reja dovrà studiare i rimedi. Sconvolgente rivelazione: si può vincere giocando bene, anzi benissimo, regalando perfino spettacolo, controtendenza rispetto a filosofie che da queste parti sono d'attualità. Una gioia per gli occhi degli innamorati di calcio la partita del Friuli, al festival delle prodezze, in netta prevalenza sugli errori, ha contribuito per un tempo anche l'Inter, andata perfino in vantaggio prima che si scatenassero le magie di Sanchez, le geometrie di Inler, il senso del gol di Totò Di Natale, le volate di Armero. L'Udinese, che senza il disastroso avvio sarebbe nel gruppo di testa, ha regalato una recita da applauso a scena aperta, hanno dovuto arrendersi alla distanza i campioni, che hanno forse pagato la serie di impegni troppo ravvicinati, si ferma a cinque la striscia vincente di Leo, ma l'Inter resta una pretendente con la quale dovranno fare i conti un po' tutti. A partire dalla Roma, che ha scoperto come crescere alla distanza: dentro i migliori quando i più scarsi sono sono anche spremuti. Si scherza, è logico, però questo testimoniano le cifre. Capita a sproposito questa trasferta torinese di Coppa Italia, giovedì sera come le deprimenti sfide di Europa League, l'Inter avrà un giorno di riposo in più.

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