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Febbre a novanta

Totti della Roma e Zarate della Lazio

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Sventolano le bandiere della Capitale, sul campionato. Non sventolano, per fortuna di Lazio e Roma, le bandierine: quelle, per la verità, che nei casi dubbi dovrebbero rimanere abbassate, dunque nessuno scandalo per i millimetri che hanno legittimato il gol di Kozak e il suicidio di Pellegrino, anche se sia per la Samp e sia per il Cesena qualche mugugno è lecito. Dà respiro alla folta pattuglia delle inseguitrici la frenata del Milan a Lecce, vano il capolavoro di Ibra, dopo che la capolista aveva sofferto, per la poca qualità del centrocampo, la barricata pugliese. Poi su azione di calcio d'angolo Olivera ha trovato la splendida girata del pari, altro punto che conforta, dopo l'impresa dell'Olimpico, i giallorossi di De Canio. Così la fascia più nobile della classifica assume una fisionomia talmente familiare da diventare perfino monotona. Aveva delineato, la fase di avvio della stagione, e quasi per l'intero girone di andata, una sorta di rivoluzione nelle gerarchie, gli stenti delle grandi favorite e l'irruzione di forze fresche, perfino con qualche presenza insospettabile. L'arrembaggio corsaro ha lasciato sul terreno molti dei pretendenti, però sono rimaste vive e solide la Lazio e il Napoli, che non a caso presidiano il secondo posto. Poi però si torna alla stucchevole storia degli anni recenti, incalzano la Roma, la Juventus e soprattutto l'Inter che ha due partite da recuperare, ma che soprattutto ha ritrovato la sua immagine migliore, quella del triplete firmato da Mourinho. Senza dimenticare che a Leonardo manca tuttora Samuel, ma che in tempi non troppo dilatati potrà ritrovare un prezioso punto di riferimento come Sneijder e un baluardo come Julio Cesar.   L'ìntrusa, se si pesano le grandi ambizioni del Napoli disposto alle spese e le fasce di merito ipotizzate alla vigilia, rimane dunque la Lazio, alla quale era comunque dovuto il rispetto imposto da storia e tradizione. Non ha brillato, contro una Samp che fatica a produrre gioco, però ha trovato infine tre punti d'oro con la zuccata vincente di Kozak, il ragazzone ceco che risponde presente ogni qual volta Reja lo chiama in causa. Scaloni, quasi dimenticato, ha avuto il massimo dei consensi, un dato di fatto che denuncia, con tutto il rispetto per l'irreprensibile professionista argentino, il momento di flessione di una squadra che forse ha speso il meglio di sé in quella partenza sprint. Devono ritrovare lo smalto giocatori fondamentali, soprattutto Hernanes e Mauri, neanche Floccari vive momenti felici. Reja farà turnover per quel derby di Coppa Italia che sicuramente né Lazio né Roma vorrebbero giocare, un traguardo non particolarmente significativo che impone l'alt alla voglia di tirare il fiato e di dedicare ogni energia a un campionato che ha assunto una fisionomia allettante perfino al di là delle aspettative. Quella rotazione in chiave stracittadina, Ranieri l'aveva già attuata per il viaggio in Romagna, ma lo scopo era rivolto più ad attenuare bronci che a una lucida programmazione. A Cesena la Roma non aveva mai vinto, l'impresa l'ha resa possibile un autogollonzo nei minuti finali. Sospetto di fuorigioco per Adriano: il quale, prima che Pellegrino sbeffeggiasse Antonioli sul tentativo di Simplicio, si era pappato un gol più facile da segnare che da sbagliare. Ma la Roma aveva ancora una volta giocato maluccio, inutile schierare Totti punta centrale se poi si pretende di attivarlo con lanci lunghi e alti. Abituato a finalizzare quelle offensive da calcio a cinque, palla a terra e movimenti felici, il capitano si è a sua volta smarrito, i soli lampi di Vucinic e dell'egoista Menez non sono stati sufficienti, per fortuna ha tenuto la difesa, Burdisso a cancellare qualche piccola vacanza mentale di Doni e Juan. Non poteva mancare la nota negativa, la rabbiosa reazione di Vucinic alla sostituzione, del resto l'episodio non può peggiorare i rapporti tra due che non si parlano, facile pensare che il montenegrino possa andarsene, le sirene non mancano.

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