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Miracolo a portata di mano

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Equando i duri giocano duro, ovviamente, i mosci finiscono spiaccicati come frutti marci. Per metà stagione era sembrato che il duro fosse Webber e il moscio Alonso. Ma poi il mondo s'è raddrizzato. Mentre la Red Bull perseverava nel diabolico errore di mettere i suoi due piloti alla pari, la Ferrari restituiva al suo asso spagnolo la leadership in squadra. Alonso, rassicurato e tranquillizzato, tornava se stesso. La sicurezza e la tranquillità di Webber venivano invece passo passo sgretolate dalla velocità e dalle vittorie del suo compagno di squadra Vettel e dalla parallela rinascita del ferrarista. Così ieri, nella qualifica più importante della stagione, il moscio Webber è finito spiaccicato al quinto posto della griglia nonostante il suo team avesse fatto tutto giusto, mentre Alonso ha risolto a suo favore con brutale durezza la rischiosa situazione in cui lo aveva messo la Ferrari mandandolo troppo tardi in pista per il suo ultimo tentativo. Webber, con tre giri a disposizione, non è stato capace di cavare un buon tempo dalla macchina. Alonso, con un solo giro cronometrato davanti (e senza la possibilità di scaldare adeguatamente le gomme in quello di lancio a causa del traffico) è riuscito a gestire l'angoscia montante e, dopo aver evitato la bandiera a scacchi per appena 3 secondi, a stampare un prodigioso terzo tempo. In Formula 1, è chiaro, può succedere sempre di tutto. Proprio Alonso, tanto per citare un episodio, riuscì a soffiare a Michael Schumacher e alla Ferrari il titolo mondiale 2006 grazie al fatto che sulla rossa del tedesco si ruppe il motore quando era in testa nella penultima gara: ed erano quasi due anni che non si rompeva un V10 Ferrari. Però, se il Fato non ci metterà lo zampino, tutto lascia credere che per Alonso sia fatta. Accada quel che accada davanti a lui, oggi gli basterà fare due cosette facili facili: arrivare almeno quarto e tenersi dietro Webber. Mai come stavolta, dunque, la fase decisiva sarà la partenza, che da un lato è sempre stata il tallone d'Achille dello spagnolo e dall'altro potrebbe veder Webber comportarsi come certi tennisti che, dopo essersi andati sotto causa «braccino», sul match point a sfavore azzeccano la risposta vincente. Se però Fernando non si suiciderà in quei 700 metri che al momento del via lo separeranno dalla prima curva l'80% del lavoro sarà fatto. Sebbene le prove libere abbiano dimostrato che ad Abu Dhabi il passo gara delle Red Bull sia migliore di quello di tutte le altre macchine, oltre alla posizione di partenza a favore del portacolori della Ferrari giocano infatti diversi altri fattori, fra i quali il fatto che il vantaggio tecnico delle vetture di Vettel e Webber si è andato assottigliando man mano che la meravigliosa pista araba veniva, con l'uso, prima ripulita dalla sabbia e poi gommata. Importante anche il fatto che, sul dritto, le velocità di punta di Ferrari e Red Bull sono simili, mentre quelle delle McLaren sono addirittura superiori. Voglio dire che per Webber, se non ci riuscirà alla partenza, superare Alonso «di macchina» non sarà facile e che comunque, se pure ci riuscisse, dovrà sempre vedersela non tanto col compagno di squadra (che ovviamente lo lascerebbe passare, qualora fosse in ballo il titolo) quanto con Hamilton e Button, inattesi alleati della Ferrari. Non voglio nemmeno prendere in considerazione, invece, l'ipotesi - accademica, ma va citata - che, con Vettel sicuro vincitore, Webber accetti di immolarsi buttando fuori pista Alonso per far vincere il titolo al compagno di squadra. Apprestiamoci dunque a vivere l'ultimo Gp della lunghissima stagione 2010 col cuore in gola ma con la consapevolezza che ciò che appena tre mesi fa sembrava impossibile è lì, a portata di mano. Sarebbe l'ennesimo miracolo di un'Azienda italiana che l'Italia, questa Italia cialtrona, litigiosa e inefficiente, non merita.

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