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Del Piero e Totti le bandiere che resistono

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Juve-Romaquest'anno torna ad essere una partita di vertice, una battaglia che riporta alla mente i fasti andati degli Anni Ottanta quando i due club rappresentavano di fatto due modi diversi di concepire il calcio in Italia: la Vecchia Signora contro la Capitale. L'Avvocato contro Viola il ribelle. Del romanticismo di quell'era è rimasta poca roba, l'evoluzione del calcio ha lasciato poco spazio al provincialismo del passato che faceva però del «pallone» materia molto al di sopra di una disciplina sportiva. Era uno stile di vita, un modo di interpretare il proprio territorio, così come oggi fanno due dei protagonisti indiscussi del calcio italiano, probabilmente le «ultime» bandiere in questo mondo sempre più internazionalizzato e sempre meno vicino alla gente: Totti e Del Piero. Non a caso entrambi pupilli dei «padroni» di quei tempi andati: proprio Agnelli e Viola, che ebbe il merito di portare un Francesco ancora giovanissimo a Trigoria. E come fu all'epoca, per loro si tratta oggi di due personaggi così lontani eppure così vicini, legati da quel filo indissolubile che gemella il talento dei fenomeni veri, gente che parla la stessa lingua: quella del pallone. Due signori che viaggiano già da tempo nella decade dei trentenni (36 lo juventino, 34 il romanista), ma che continuano a far sognare i propri tifosi. Uniti nella volontà di restare incollati alla proprio maglia, alle proprie radici (anche se Del Piero parte dal Padova e solo nel 93' arriva alla Juve) e che hanno legato la carriera calcistica e la vita intera alla città che rappresentano: Torino e Roma, anche qui distanze abissali. Seicentosessantaquattro uno e cinquecentottantaquattro l'altro il numero delle presenze con le maglie di Juve e Roma, con Totti attardato di qualcosa solo per motivi anagrafici. Cinquecentoventisette gol realizzati in due, roba da guinness dei primati, alcuni dei quali stampati negli annali del calcio per la loro spettacolarità: sempre con la stessa voglia, sempre con la stessa intensità. Qualcuno li vorrebbe già fuori dai piedi, li giudica «bolliti», giocatori finiti, ma loro stanno sempre e ancora lì a dimostrare domenica dopo domenica che il tempo di dire basta è ancora lontano. Capitani veri,gente che ci mette la faccia sempre, campioni del mondo in quella meravigliosa notte di Berlino che ha regalato un sogno all'Italia intera. Loro anche stasera ci saranno (o almeno dovrebbero), perché prima di rinunciare a gente così un allenatore vero ci pensa sempre: e non per il legame con i ricordi di una bandiera, ma perché la classe è ancora una di quelle cose che fa la differenza.

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