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Finale amaro

La delusione di Matj Cernic

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«Il carattere se uno non ce l'ha, non se lo può dare». Finisce 3-1 per gli ospiti. Il Brasile piega Cuba: è oro. A parafrasare Don Abbondio, al termine della finale per il bronzo mondiale di volley vinta dalla Serbia 3-1 sull'Italia, è il coach azzurro, Andrea Anastasi. Un ct apparso visibilmente deluso: «Vivono in me sentimenti contrastanti, da una parte la gioia di aver portato l'Italia alla terza fase e aver avuto la possibilità di giocare a Roma davanti a questo meraviglioso pubblico, dall'altra la delusione di non aver giocato al massimo in queste ultime due partite. Credo – continua Anastasi - che questa sia la legge dello sport, non posso che accettarla. Credo sia stato un bel mondiale, con tante squadre di altissimo livello con una grande risposta da parte del pubblico in ogni città dove si è giocato». A fare la differenza in favore di Nikola Grbic e compagni, in una partita tirata solo per un paio di set, è stato proprio l'aspetto mentale. L'Italia non ha mostrato quella grinta che in certe situazioni serve come il pane. Nessuna discussione sull'impegno o sulla voglia di vincere di Vermiglio e compagni, ma qualche appunto sull'atteggiamento mostrato in campo è più che lecito dopo una gara in cui, a detta dello stesso Anastasi, si poteva fare di più. E, qualcosa in più, in termini di cambi e di tempi in cui effettuarli, poteva fare propriolo stesso coach. La sua nazionale chiude, dunque, ai piedi del podio, in un mondiale in cui non partivamo certo favoriti. E se all'avvio della manifestazione iridata in pochi pronosticavano l'Italia tra le prime quattro, ora non si può vedere il bicchiere troppo vuoto. Il cambio di generazione va completato, ma ripartendo dalle buone cose che Roma 2010 ha fatto vedere. La più bella è arrivata proprio l'ultimo giorno: la prestazione, nel terzo set, di Ivan Zaytsev. Il giovanotto italorusso ha mostrato un carattere, lui sì, da guerriero, una tranquillità da veterano e un talento da chi, si vede, è nato con la pallavolo nel sangue. E allora, si può ripartire da Zaytsev, parola, ancora, di Anastasi: «Ivan ha fatto cose straordinarie, è entrato con una cattiveria e una voglia incredibili. Tecnicamente è un giocatore completo, che può fare tutto; avrebbe i mezzi per diventare (lui che da palleggiatore si è trasformato in martello ndr) un grande opposto. È un po' come Andrea Giani (che allena Zaytsev nella MRoma), ha le stesse doti di duttilità, perché sa fare tutto».   Da, Zaytsev, dunque, ma anche da Parodi che, dopo la prova opaca contro il Brasile, si è riscattato con una prestazione di grande sostanza, chiudendo con 18 punti e 3 muri. E, perché no, da un travica apparso lucido nello spicchio di partita in cui ha diretto la squadra. Tuttavia, contro una bella Serbia, orgogliosa e determinata ben più di quanto non abbia mostrato contro Cuba, non è bastato. Aiutata dalla solita straordinaria cornice di pubblico, l'Italia sfrutta qualche imprecisione serba e mette via un buon margine. Intorno al secondo tempo tecnico, però, gli azzurri si perdono: Fei e Savani soffrono. Dall'altra parte, il muro di Podrascanin è insormontabile e, quando Miljkovic trova il ritmo, prima in attacco, e poi in battuta, si chiude il set. Nella seconda frazione l'Italia sbaglia ancora: il servizio è poco incisivo e il muro fatica. Adesso è Stankovic che si fa sentire a muro e ricucire lo strappo diventa improbo. Il terzo set va via sulla falsa riga dei precedenti: la Serbia batte forte e mura bene; l'Italia arranca e deve rincorrere. Quando Anastasi inserisce Sala per Birarelli e Zaytsev per Savani il set cambia padrone. I nuovi ingressi scuotono la squadra che recupera, sorpassa e, con un ace di Zaytsev, riapre la gara. Al rientro in campo, però, torna la ricezione insicura e si rivedono gli errori in attacco. Questa volta i cambi non funzionano. I muri di Stankovic e Podrascanin spengono qualunque velleità di rimonta. Alla prima palla match, Miljkovic regala il bronzo ai suoi. Superando Cuba per 3-0 il Brasile diventa per la terza volta campione del mondo.

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