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Lo zoo della A tra lupi, ciucci elefanti e zebre

Lo stadio Olimpico

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Torna il simbolismo, rivolgiamogli un affettuoso saluto. Ricordo bene i tempi del somarello a spasso nel campo napoletano, il placido ciuccio emblema storico del tifo azzurro. Molto più vivace, spesso ingovernabile, il galletto barese, quello che sognava una trasferta dei pugliesi a Padova, nella speranza di un incontro ravvicinato con la gallina simbolo della città di Sant'Antonio, icona non ancora usurpata da Cassano e dai suoi seguaci. Avrà, il popolo laziale, un'immagine vivente dell'Aquilotto che porta sullo stemma e nel cuore, uno splendido esemplare in arrivo da Lisbona, dove un paio di suoi fratelli fanno da anni le fortune del Benfica. Si godrà, il maestoso volatile, vitto, alloggio, lavatura e stiratura a Formello, regalerà al pubblico dell'Olimpico le sue evoluzioni. Qualche problema relativo alla sicurezza in occasione del derby, se la Roma decidesse a sua volta di schierare un simbolo vivente, tra gli artigli del rapace e le zanne della Lupa gli spettatori non potrebbero sentirsi del tutto tranquilli. Ma intanto già oggi si torna al campanile, dopo la gloriosa parentesi europea che ha consegnato al calcio italiano una vittoria, quattro pareggi poco prestigiosi, salvo forse quello della Samp a Eindhoven, e due schiaffoni portati a casa da Roma e Palermo. Fiorentina e Lazio protagoniste del tardo pomeriggio, una sfida dagli antichi sapori, attualmente da collocare a livello non glorioso, ma sempre da fascia medio-alta. Da fronteggiare, al Franchi, il poco cordiale benvenuto del vecchio amico Sinisa Mihailovic, avvelenato per la modesta classifica, ma anche per gli svarioni arbitrali, senza neanche l'attenuante di influssi politici, che l'hanno determinata. Edy Reja alle prese con ricorrenti interrogativi, su tutti la soluzione dell'enigma legato al suo giocatore più talentuoso. Lo Zarate dell'esordio aveva tacitato, a suon di gol e giocate decisive, qualche malumore del tecnico di turno e anche di compagni più propensi agli equilibri tattici. Se l'argentino andasse in panchina, Rocchi potrebbe essere l'unica punta, con Hernanes e Mauri alle spalle e ulteriore disappunto per Matuzalem, che già qualche malumore ha manifestato. Luci a San Siro sul Milan orfano di Pato, il Catania di Giampaolo qualche imbarazzo potrebbe crearlo, a una formazione tuttora alla ricerca di un assetto tattico non troppo squilibrato. Si trascina la malinconica vicenda di una Roma che stenta a ritrovare la propria identità, vittima di illusori specchietti per le allodole e di un mercato privo di un filo logico. L'eterno paradosso, che gli umori del tifo romanista puntualmente propongono, stavolta mostra una maggioranza disposta a congedarsi da Claudio Ranieri: lo stesso tecnico per il quale l'unanimità invocava, quache mese fa, un contratto a vita. Si respira un clima di disagio, innescato dai toni forti di capitan Totti, che sa di avere la piazza al suo fianco nel dissidio aperto con l'allenatore, auspicabile che il suo intervento fosse stato soltanto irriflessivo, altrimenti la sua gravità diverrebbe palese. Uno spot televisivo recitava. «Ti piace vincere facile?». Gambe pesanti, idee annebbiate, unico rimedio ritrovare compattezza e unità di intenti, accantonando ogni livore personale.

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