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Finalmente i presidenti si svegliano

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Accade,talvolta, che anche i pachidermi si destino dal letargo. Avveniva anche nella preistoria, quella alla quale tenacemente è rimasta abbarbicata la Lega Calcio, decenni e decenni invano trascorsi senza un accettabile segno di vita. Finalmente la rivolta. Deve essere rimasto sbalordito, lo staff federale, a cominciare dal grande capo: quello che, al pari, purtroppo, della maggioranza del popolo italiano, ha cancellato dal suo e dall'altrui vocabolario la parola dimissioni. Anche quando, logicamente, gli eventi dovrebbero imporla. Difficile, per uno stagionato cronista, sottrarsi allo stupore per questa impennata, quando sembrava che perfino l'ultimo sopruso, la leggina sugli extracomunitari, potesse passare sotto silenzio. Quasi allucinante che i gestori del calcio professionistico non abbiano mai imposto seriamente il loro potere, la loro forza contrattuale, lasciando che fossero i dilettanti, per altro inefficienti la loro parte, a governare senza virtualmente riconoscere il diritto di intervento a chi pagava. Basterebbe ricordare la disinvoltura con la quale è stata gestita la Nazionale, ogni possibile guadagno riservato alla Federcalcio, i danni tavolta rilevanti pagati dai datori di lavoro degli interpreti. Ci si è messo anche il sindacato dei calciatori, a sostenere il protezionismo. Come se il giovane che sceglie la carriera del professionista possa arricchirsi in maniera ciclopica, salvaguardando però il diritto al minimo contrattuale, qualcosa che non ha riscontro in altre categorie assimilabili, dagli artisti agli architetti, dai medici agli ingegneri e via dicendo. Quelli possono toccare la gloria, ma anche rischiare il fallimento e la mensa dei poveri, per il calciatore vale soltanto la prima alternativa.

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