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Ma non prendete l'Uruguay sottogamba È già successo...

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Laseconda semifinale, in programma domani sera a Porth Elisabeth, è considerata una partita di gala, pechè chiama in causa le due Nazionali, Germania e Spagna, più brillanti dell'edizione 2010 e tanto più ammirate in quanto escluse alla vigilia dal pronostico in favore di Brasile ed Argentina. Ma forse sarebbe il caso di non prendere sottogamba l'Uruguay, la "celeste" e non tanto perchè rimasta miracolosamente sola a rappresentare quel "continente" sudamericano che sembrava destinato a dominare il Mundial di Mandela, quanto per un lontanissimo precedente, quello della Coppa Rimet 1950 che gli uruguagi vinsero inopinatamente, dopo una finalissima da brividi contro un Brasile già forte e favorito anche come organizzatore del torneo, rivelando all'universo calcistico due giocatori da museo del Louvre: il "regista" Schiaffino e l'ala (come si chiamava ancora l'attuale "esterno") Ghiggia, il primo acquistato a tambur battente dal Milan, il secondo assicurato alla Roma dall'allora presidente Sacerdoti con un colpo di scena che portò alle stelle l'entusiasmo dei soci giallorossi. Quella "Celeste" era, forse, la prima formazione che, nel secondo dopoguerra, giocasse un football non solo delizioso per eleganza di palleggio ma difficilissima da battere per la razionalità dello schema di gioco che sposava la tecnica alla prudenza. Naturalmente è passato tanto di quel tempo, una sessantina d'anni, che non è il caso di stabilire paragoni, ma il riferimento alla Rimet 1950 vale anche per sottolineare che, ora come allora, il tornei come il Mundial, il rendimento di lunga lena, per un mese, non può essere sostenuto dalla sola fama dei singoli giocatori o del calcio di un certo Paese (come l'Argentina e il Brasile, l'Italia e l'Inghilterra), ma va calibrato con sapienza del responsabile tecnico, tra controllo sui protagonisti, adattamento reciproco tra loro e gli schemi, attentissimo studio delle caratteristiche dell'avversario. In questo senso, l'Uruguay 2010 sono la Germania e la Spagna, soprattutto la prima, che alla vigilia della trasvolata in Sud Africa ha preparato un piano strategico basato soprattutto, ma non esclusivamente su due trovate geniali: l'orientamento verso una formazione mediamente giovanissima (sui 24 anni) e reclutata su base, come si dice oggi "multietnica". Personalmente nutro qualche dubbio sulla giustezza di questo secondo criterio perchè, secondo me, una Nazionale dovrebbe esprimere il genio locale, la tradizione, la scuola, il sentimento collettivo, ma capisco che sia difficile realizzarlo in un mondo globalizzato e, soprattutto devo inchinarmi di fronte ai risultati che i vertici tedeschi stanno ottenendo. Senza dire che il termine "multietnico" applicato alla rappresentativa della Repubblica Federale conferma che oggi siamo, se Dio vuole, di fronte agli eredi di Adenauer e di Schmidt, non di Adolfo Hitler, e non è davvero poco! Vedremo domani sera se le due trovate del ct tedesco, anche lui giovane quasi come i suoi allievi funzioneranno anche contro la Spagna di David Villa, il capo-cannoniere, e di Andrea Inesta, il "cervello" della squadra. Con tutto il rispetto per Argentina e Brasile, stiamo per vivere un altro emozionante finalissimo Mundial.

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