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Trionfo Inter, campione d'Europa

Milito

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Madrid è nerazzurra, Milano una bolgia. Di bandiere dell'Inter. In piazza Duomo, in sessanta mila, ma non solo. Dopo 45 anni di attesa. Interminabili. Terminati grazie al solito, clamoroso Diego Milito. Che ha deciso la Coppa Italia, segnato coi suoi gol lo scudetto numero 18 dei nerazzurri, e ora è entrato definitivamente nella storia, non solo del club milanese, grazie all'ennesima prodezza di una stagione incredibile, per un campione che ha sempre segnato ovunque ma è arrivato a questi livelli appena nove mesi fa. A giocare, e a dimostrare il suo vero valore. Sbloccando, e chiudendo, una partita brutta, tesissima come di solito succede nelle finali di questa importanza: congelata da tatticismi esasperati da parte di Mourinho e Van Gaal, e da quella tensione che inibisce anche campioni di tanto talento ed esperienza. Tutti, tranne Milito, da una parte, e dall'altra Robben. Che sulla fascia destra può fare danni, e li fa. Costringendo subito al fallo da giallo prima Samuel, evitato, poi Chivu. Saltato a piacimento, ammonito dopo mezz'ora di gioco. Un cruccio, per Mou. Che però, quattro minuti dopo, assiste all'incertezza di Demichelis in difesa che spalanca le porte al triangolo Milito-Sneijder-Milito, finta su Butt in uscita e gran gol del vantaggio interista. Un capitale enorme, gestito alla grande da una squadra matura e determinata, ormai sicuro, dopo Chelsea e Barcellona, dei propri mezzi e della propria forza. Che rischia davvero solo nella prima azione della ripresa, quando Muller si trova sul destro l'occasionissima del pareggio, a tu per tu con Julio Cesar, ma non riesce a superarlo con un rasoterra potente, anche se non precisissimo. La risposta dell'Inter è nel pallonetto di Pandev, un minuto dopo, sempre su imbeccata di Milito, deviato in angolo da Butt. La partita si apre, il Bayern finalmente spinge e non si accontenta più dei tiri dalla distanza, creando chance con Muller, con Cambiasso che salva di testa, e Robben, con Julio Cesar bravissimo sul suo sinistro a giro. Sul destro a giro di Milito, invece, poco dopo, nessuno può nulla. Né Butt in uscita, men che meno Van Buyten nell'uno contro uno: saltato senza alcuna possibilità di recupero. Troppo forte Milito, lanciato da Eto'o nell'occasione, per una difesa che non è certo da finale di Champions. Quella che dopo 45 anni vincono i milanesi dai colori nerazzurri, che si riversano nelle strade e le piazze fino alla prima mattina. Quella che per la prima volta vince Massimo Moratti presidente, dopo 15 anni in carica, e alza capitan Javier Zanetti, dopo 700 maglie da titolare. E sempre quella che torna a vincere José Mourinho, dopo il succeso col Porto nel 2004. Quello un successo, questo un trionfo: per le difficoltà superate, per come ha rivoltato la mentalità di una squadra che fino a sei mesi fa si faceva mettere in un angolo da squadre di seconda, se non terza, fascia. Non più. La svolta contro il Chelsea, nell'andata di San Siro. La consacrazione ieri, nella notte del Bernabeu. Quella della tripletta storica, per l'Inter e l'Italia. L'ultima, quasi sicuramente, per il Mourinho d'Italia. Vincente, e partente. «Sono felicissimo - afferma Diego Milito quasi in lacrime - una gioia mai provata prima: è un trofeo dedicato al presidente Massimo Moratti che ha cercato e voluto fortemente questo successo. Meritiamo questa vittoria - conclude l'argentino - la merita Moratti, la merita Mourinho, la meritano tutti gli uomini che lavorano e tifano per questa società».

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