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Facile prevedere che l'Atalanta, capace di confermare comunque un buonissimo stato di forma, avrebbe lasciato avari spazi, di qui la decisione di allargare il gioco tenendo Toni in panchina e recuperando Menez, con Totti nella posizione preferita.

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Nontanto per il gol, stavolta agevolato da un'amnesia del portiere, quanto per il lavoro svolto sulla fascia sinistra, del quale non era facile apprezzare di più la qualità piuttosto che la quantità. Negli occhi dei tifosi è riapparsa l'immagine di Marco Delvecchio, fondamentale per lo scudetto firmato da Fabio Capello. Adesso il derby, da affrontare da capolista senza ignorare quanto impalpabili siano le differenze di valore proposte della classifica, la Lazio parte da meno trentuno, ma partite di questo tipo non consentono alcun tipo di pronostico. Alla stracittadina si accosta con sorrisi a trentadue denti anche la Lazio, nella domenica che regala entusiasmo e grandi prospettive, in relazione alle rispettive attese, al calcio capitolino di entrambe le sponde. Era cominciata male, l'avventura bolognese, uno di quegli avvii molli e distratti che si pensava appartenessero al passato, ma quando Edy Reja ha corretto l'assetto tattico, la Lazio ha imposto il suo reale valore, che le cifre attuali mortificano in misura ingenerosa. Una vittoria che avrebbe potuto assumere dimensioni clamorose senza gli errori in zona-gol quando il Bologna aveva dilatato gli spazi davanti a Viviano. Anche se si alza la preventivata quota salvezza, la Lazio sembra del tutto tranquilla, e con lei l'Udinese: l'Atalanta è ferma, il Livorno è già al mare, la sola a far punti è il Siena, che però viene dai Carpazi. Torna a vincere la Juventus, capace di non prendere gol dopo averne incassati per diciannove turni consecutivi, ma è un dato statistico che a Claudio Ranieri interessa poco: la sua, nei confronti di un club miope e ingrato, non è neanche una rivincita, è una strage. Gianfranco Giubilo

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