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Una poltrona per due

Formula 1: Michael Schumacher (Mercedes) e Fernando Alonso (Ferrari)

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A Fiorano, nella fabbrica dove ogni anno nascono i bolidi della Ferrari per il Mondiale di Formula 1, c'è ancora «Piazza Schumacher». Niente di strano, a ogni pilota che ha conquistato un titolo iridato al volante della Rossa è stata dedicata una strada, compreso quel Raikkonen che non aveva mai fatto molto, mediaticamente, per farsi amare dal popolo ferrarista. Eppure in tanti avrebbero voluto rimuovere quel cartello. Il tradimento brucia: vedere il «kaiser» - che di tanta gloria si era coperto vestito di rosso - indossare le insegne della Mercedes fa uno strano effetto, quasi doloroso per chi aveva imparato ad amare quel tedesco scostante ma vincente. Dopo 14 anni un'epoca si è chiusa. Ma «morto un re se ne fa un altro», e per sostituire Schumacher la Ferrari non ne ha scelto uno qualsiasi. Dopo l'«interregno Raikkonen» è arrivato a Maranello Fernando Alonso, l'uomo che con i due titoli Mondiali vinti con la Renault nel 2005 e nel 2006 aveva spinto Schumi a ritirarsi o, come si è visto in seguito, a fermarsi per ricaricare le batterie e ritrovare nuovi stimoli. Il parallelo tra Michael e Fernando è impressionante. Entrambi scoperti da Flavio Briatore; entrambi, prima di arrivare in Ferrari, vincitori di due titoli sotto le insegne della Renault, anche se all'epoca di Schumacher si chiamava ancora Benetton. C'è solo una minima differenza «anagrafica». Quando il tedesco disse sì alla Rossa aveva 27 anni, lo spagnolo ora ne ha 28. Il resto è ancora tutto da scrivere. Da qualsiasi lato lo si guardi, il Mondiale di Formula Uno che domenica partirà dal Bahrain, uno dei più attesi da molti anni a questa parte, è soprattutto la sfida tra questi due mostri sacri dell'automobilismo. Poco importa che i pronostici raccontino un'altra storia. Che Alonso, dopo i test invernali, sia il superfavorito per la vittoria finale mentre come principali antagonisti la McLaren di Hamilton e la Red Bull di Vettel si fanno preferire alla Mercedes di Michael. I tifosi della Rossa chiedono allo spagnolo di conquistare quel titolo piloti che a Maranello manca dal 2007, ma soprattutto di battere Schumacher, di dimostrargli che ha sbagliato a voltare le spalle a quella «famiglia» di cui adesso si ricorda solo quando si tratta di «scroccare» un piatto di spaghetti al sugo, come accaduto per ben due volte durante i test invernali.   Fernando, in cuor suo, ha un obiettivo ancora più ambizioso: sogna di aprire un ciclo come fece Michael, dominatore ininterrotto del circus dal 2000 al 2005. Non sarà facile, per molteplici motivi: l'anagrafe incalza e, soprattutto, la concorrenza è diversa e molto più agguerrita. A partire proprio da Schumacher: la Mercedes non è un bolide ma quel furbacchione di Ross Brawn non ha ancora svelato il diffusore definitivo della monoposto tedesca. Considerato quanto successo l'anno scorso, con il discusso estrattore a due piani che, a conti fatti, ha deciso l'esito del Mondiale 2009, non c'è da stare tranquilli. Almeno nelle prime gare, però, la Rossa avrà un vantaggio di sei-sette decimi al giro. Tanto vale allora dare il massimo fin dall'inizio, dal Gran Premio del Bahrain che apre questa lunghissima stagione fatta di diciannove gare, destinata a concludersi solo tra 8 mesi ad Abu Dhabi. Le incognite sono tante: c'è un nuovo regolamento da metabolizzare. Addio ai rifornimenti, con macchine pesantissime a inizio gara che metteranno a dura prova gomme, freni e sospensioni. Per la prima volta dopo tanti anni le monoposto non andranno spinte al massimo per tutta la gara, ma dovranno essere «gestite». Tornerà in primo piano l'abilità del pilota, il «manico» recupererà dignità rispetto al predominio del «mezzo». Alonso, almeno sotto un aspetto, Schumacher l'ha già battuto. Con sorrisi, strette di mano e un italiano fluente si è subito distinto da quell'impenetrabile tedesco che, in 14 anni, aveva a stento imparato a dire «ciao». Ma la simpatia conta poco, meglio un odioso vincente - in fondo tutti i vincenti lo sono - che un amabile senza allori. Che la sfida inizi, dunque. Il tempo dei test, dei pronostici, delle supposizioni, è finito. Da domani si fa sul serio. Finalmente.  

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