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Poiché non riescono a guadagnarsi un solo titolo di giornale con i loro risultati, i tennisti italiani (mi riferisco agli uomini, perché le ragazze, nei loro limiti il loro dovere lo fanno) hanno trovato il sistema per ottenere attenzione.

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Maggiorclamore ha suscitato invece successivamente quella di Simone Bolelli ad uno spareggio con la Lettonia, fortunatamente vinto anche senza di lui. Le motivazioni di Bolelli, spinto in una direzione sbagliata dal suo allenatore dell'epoca Pistolesi, erano evidentemente inconsistenti ma era comunque legittima la sua decisione. Dopo il famoso caso Pilic, che nel 1973 determinò la rinuncia al torneo di Wimbledon di 78 giocatori e di fatto la nascita dall'Atp (il sindacato dei giocatori), le Federazioni hanno capito di non avere alcun potere nei confronti dei loro giocatori. Il problema di fondo è che in molte discipline non c'è coincidenza di interessi tra i giocatori e la loro Federazione, soprattutto in uno sport come il tennis che è fondamentalmente individuale ma che si vuole trasformare ogni tanto in uno sport di squadra. A suo tempo Bolelli ha sbagliato perché un professionista non dovrebbe rinunciare all'opportunità di una delle rare apparizioni televisive che la sua modesta attività gli consente. Federer e Nadal ne possono fare a meno, Bolelli no. Come ho scritto tante volte quello di rappresentare il proprio paese è un sacrosanto dovere morale ma non può essere imposto con la minaccia di provvedimenti disciplinari (squalifiche o altro). La nostra Federazione si coprì di ridicolo annunciando che Bolelli non avrebbe più fatto parte di una squadra nazionale. La lezione non è servita a niente. Bolelli ha continuato a giocare (purtroppo ha anche continuato a perdere) i suoi tornei ed è tornato in nazionale. Ora è la volta di Seppi, che non ha digerito alcuni siparietti che hanno caratterizzato la vigilia, l'anno scorso, di un facile incontro con la Slovacchia. Le motivazioni esposte da Seppi sono ridicole ed inconsistenti però è nel suo diritto amministrare la propria attività professionale come ritiene opportuno. Come Bolelli ed ora Seppi, anche il presidente della Federazione Binaghi non ha imparato la lezione ed ora minaccia sanzioni a carico di Seppi sapendo di non poterle sostenere. E' molto lungo l'elenco di tennisti che hanno rinunciato a giocare la Coppa Davis così come in Italia ci sono stati casi di calciatori (Maldini, Totti, Nesta) ma anche di atleti di altre discipline che ci sono dichiarati indisponibili per la nazionale senza subire alcun provvedimento da parte della propria Federazione. Seppi sbaglia perché giocare due o tre incontri di Coppa Davis gli può regalare qualche ora di pubblicità in televisione senza intralciare molto la sua attività (perde regolarmente al primo o al secondo turno). L'unico serio provvedimento che una Federazione può prendere sarebbe quello di escluderlo da ogni futura convocazione ma sappiamo bene com'è andato a finire il caso Bolelli.

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