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Ci sono tanti medici al capezzale della Coppa Italia, una competizione che ha cambiato molte volte formula senza trovarne una che sia riuscita a darle credibilità e prestigio.

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Lacollocazione dei due incontri di semifinale a quasi due mesi di distanza è solo l'ultimo esempio della difficoltà della Coppa a trovare spazio nel calendario. Inevitabile che questa situazione sia stata recepita dal pubblico come hanno eloquentemente dimostrato gli avvilenti vuoti riscontrati sulle tribune dello Stadio Olimpico di Roma e di quello di San Siro in occasione di Roma-Udinese e di Inter-Fiorentina. Soprattutto quest'ultima partita garantiva buona qualità mentre a Roma il felice momento della squadra giallorossa avrebbe dovuto assicurare una presenza più numerosa da parte del pubblico. Mi piace rivendicare la definizione che ho applicato alla Coppa Italia affermando che questa gara serve soprattutto a far giocare il portiere di riserva. Al di là della battuta, che comunque ha un suo fondo di verità, la risposta più convincente e purtroppo più vera l'hanno data i tifosi di Inter e Roma in occasione delle due semifinali. Credo che tra le formule suggerite la migliore sia quella di ammettere alla prima fase della Coppa tutte le squadre di serie A, B e l'ex serie C, di far giocare ad eliminazione diretta in partita unica e sul campo della squadra più debole (in caso di parità decida il sorteggio) dal primo turno fino alla finale, da giocarsi comunque a Roma quali che siano le squadra finaliste. Così si potrebbe costruire una tradizione anche se temo che i buoi siano già scappati.

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