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Lazio, solita storia

Zarate

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La Lazio scivola verso la serie B. Con un stadio ormai nemico, un allenatore contestato e confuso, un presidente insultato dai trentamila presenti all'Olimpico, la logica conclusione è la retrocessione. Se poi ci aggiungi quel pizzico di sfortuna che da sempre accompagna la Lazio nei momenti negativi, ecco servito un piatto amarissimo. Contro il Chievo finisce 1-1, apre Stendardo, chiude Pellissier (si è ripreso dalla botta in testa con Chivu giusto in tempo per timbrare il cartellino). Risultato ingiusto perché i biancocelesti hanno lottato, sfiorato il raddoppio e poi sono stati puniti peraltro dopo un netto calo fisico. Un'ora di bel gioco, infine lo stop per colpa di una preparazione sbagliata e di un tecnico che non si è reso conto degli stenti della sua truppa e si è lasciato irretire dal collega Di Carlo. Certo, in panchina non c'erano tante alternative ma i tre cambi vanno fatti, tutti. E perdipiù dopo aver subito il pari stupisce la staticità della Lazio, ormai sulle gambe, incapace di creare qualche pericolo alla porta di Sorrentino. Ecco, questi segnali, come già era accaduto in altre gare, sono inquietanti per il futuro perché la Lazio ha sicuramente valori tecnici importanti per tirarsi fuori dal baratro in cui si è cacciata, ma la sensazione è che questa non sia una squadra da battaglia come le altre dirette concorrenti. Tant'è, c'è poco da stare allegri perché solo un intervento mirato sul mercato e il cambio tecnico potrebbe dare una scossa e rimediare agli errori estivi. Ma torniamo alla partita, la Lazio è partita bene, ha segnato con merito grazie a una «spizzata» del redivivo Cruz spinta in porta da Stendardo. Nel primo tempo il Chievo si è visto solo su angoli e punizioni ed è stato provvidenziale Muslera su un colpo di testa di Yepes. Per il resto è stato un monologo della Lazio finalmente tornata alla difesa a quattro e a un centrocampo più logico con Dabo e Firmani a protezione di Baronio. Zarate è apparso subito ispirato, un po' meno Kolarov rispetto alle ultime prestazioni straordinarie. In ogni caso la Lazio per oltre un'ora ha avuto la partita in mano, poi si è spenta, è uscito Dabo e sono cominciati i rischi. Muslera ha bloccato due volte Pellisier poi si è dovuto arrendere all'ennesima disattenzione di Siviglia con il centravanti del Chievo abile a segnare un gol in fotocopia di quello di Stendardo. Poi, come detto, il nulla, i fischi per una squadra che non è riuscita nemmeno a provare a vincere. Alla fine è esplosa di nuovo la contestazione per Lotito e Ballardini ma il tecnico non pensa alle dimissioni e il presidente non sembra aver coraggio di prendere la decisione più normale in una squadra di calcio: non perché Ballardini sia l'unico colpevole ma perché sarebbe un tentativo di fare qualcosa per rianimare un gruppo allo sbando.

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