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Quando la cabala fa rima con fenomeno

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Michael Schumacher

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Oronzo Canà predicava il 5-5-5. A quelli che gli faceva notare che il calcio non si gioca in 16, l'immaginario allenatore pugliese ribatteva che non avevano capito nulla. E probabilmente neanche lui... Il rapporto tra numeri e sport è molto più vecchio del film di Sergio Martino (1984) e non riguarda solo tattiche e strategie di santoni prestati allo sport dalla matematica. Il numero, per gli atleti, diventa simbolo, motivo identificativo. Nel calcio l'1 dovrebbe stare per il portiere, il 10 per il fantasista. Ma nella Formula 1? Lì entra in scena la cabala. Chi è così insicuro da affidarsi a un numero preciso sperando che lo faccia andare più forte? Un debuttante? Non proprio. Si tratta del 7 volte campione del mondo Michael Schumacher, che alla Mercedes ha chiesto di avere sulla sua monoposto il tre - precedentemente assegnato a Rosberg - anziché il 4. Il motivo? Schumi ha vinto tutti i suoi Mondiali con un numero dispari sul musetto: uno col 3, uno col 5 e cinque con l'1. Mentre pare che col 4 nessuno abbia vinto un bel niente. Un rompicapo? No, solo la dimostrazione che anche i campioni, nel segreto del loro animo, conservano uno spirito scaramantico ben sapendo che senza la fortuna difficilmente si arriva lontano. Provate a chiederlo a Valentino Rossi. Il suo 46 è ormai diventato un marchio, tanto che il centauro di Tavullia, qualche mese fa, aveva intentato una causa contro gli organizzatori della Sagra del Tartufo di Sant'Angelo in Vado (Pesaro) che, per pubblicizzare la 46ª edizione, avevano usato caratteri troppo simili a quelli del campione. Bene, quel 46 non è casuale, ma Rossi lo ha scelto perché era lo stesso numero con cui correva papà Graziano. E se portasse sfortuna «indossare» i numeri dei campioni del passato? Se i miti dello sport dovessero offendersi? L'avrà pensato LeBron James, forse il miglior giocatore Nba del presente, quando voleva a tutti i costi rinunciare a quel 23 che aveva già portato in alto Michael Jordan. Alla fine se l'è tenuto, in fondo le squadre erano diverse... Nel calcio si è pensato di risolvere il problema ritirando le maglie vestite dai giocatori più rappresentativi. Ha iniziato il Milan col 6 di Baresi, mentre la Roma ha rinunciato per sempre al 5 di Aldair. A Napoli, con colpevole ritardo, hanno cancellato il 10 di Maradona. È stato possibile da quando non è più obbligatoria la numerazione dall'1 all'11 per chi comincia la partita. Ogni giocatore sceglie la cifra preferita e il marketing gode. Qualcuno si è accontentato di numeri «normali». È il caso di Cristiano Ronaldo, ormai identificato in tutto il mondo con il 7, tanto che il Real, ancora prima di mettere la firma finale sul suo contratto, aveva già acquistato i diritti per lo sfruttamento del marchio «Cr7» in Spagna. Ma la rivoluzione ha portato sui campi di gioco numeri sempre più improbabili: tra tanti 99, 32 o 120 la palma dell'originalità spetta a Ivan Zamorano. Quando all'Inter arrivò Ronaldo, il brasiliano chiese e ottenne il 9 che precedentemente apparteneva al cileno. Questi non fece una piega. Si prese il 18 ma tra l'1 e l'8 fece mettere un più: 1+8=9. Geniale.

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