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Cattivi e vincenti: l'altra faccia della medaglia

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.Oggi, a distanza di più di cento anni, si può tranquillamente sostenere che avrebbe potuto trovare una massima migliore. Sì, perché il barone non tenne conto di tutte le nefandezze che, nello sport, si compiono al solo scopo di partecipare. Prendete la Francia. In fondo, l'obiettivo era quello di partecipare al Mondiale 2010. E allora l'attaccante Henry ha pensato di inserire nel calcio, senza preventivamente consultare la Fifa, alcune regole della pallamano. Quello che è successo dopo il discusso episodio di Francia-Irlanda è stato il trionfo del «senno di poi». Henry ha detto che voleva confessare il misfatto all'arbitro dopo la fine della partita. E ha chiesto che la gara si ripetesse dopo che la Fifa aveva escluso categoricamente questa possibilità. E sempre dopo si è saputo che il ct Domenech, grazie a quella qualificazione, aveva ottenuto dalla Federazione calcistica francese un cospicuo premio in denaro. L'importante, per salvarsi la coscienza, è non ammettere mai la volontarietà del gesto. Perché nel calcio si imbroglia, è ovvio, ma mai intenzionalmente. Da questo punto di vista, una spanna sopra tutti sta Maradona, che per giustificare il suo gol di mano contro l'Inghilterra chiamò addirittura in causa il Creatore. D'altronde, c'era di mezzo la Guerra delle Falkland, e poi la «mano de Dios» fu seguita dal gol più bello della storia: come non perdonargliela? Difficile negare la volontarietà quando si simula in cerca di un rigore. Ma qualcuno ha cercato di redimersi anche in questo caso. Fu Hernan Crespo, quando giocava col Parma, a dire all'arbitro che un penalty fischiato a suo vantaggio non c'era. Bel gesto, ma i ducali erano in vantaggio per 3-0, fu una generosità a costo zero. E poi, diciamolo, la simulazione, anche e soprattutto dai tifosi, è vista come un gesto di furbizia, non come una cattiveria. Chi non ha mai gridato «buttati» all'attaccante della squadra del cuore? E di cosa parlerebbero per una settimana i moviolisti in un mondo di giocatori onesti e trasparenti? Anche questo è calcio. Purtroppo? No, per fortuna. Si imbroglia quando si gioca a carte a Natale coi parenti, come pretendere che non lo facciano i calciatori con in ballo interessi molto più grossi? In fondo, non dimentichiamolo, l'ultimo Mondiale di calcio, quello vinto dagli azzurri, è stato deciso da un episodio che di Fair play aveva ben poco: Materazzi insulta Zidane, il francese lo ripaga con una testata. E gli allenatori, ai ragazzini della primavera, spiegano sempre che «bisogna essere più cattivi». Certo, ci dovrebbe essere un limite. In campo tutto è consentito pur di vincere. Fuori no. Insomma, chi ricorre al doping non è furbo. È semplicemente un disonesto.

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