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Altro flop delle big azzurre il nostro calcio non vince più

Calcio

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Ha perduto molta della sua visibilità, il calcio italiano, giusto che fioriscano le iniziative per restituirgli un'immagine agli occhi del mondo. Per esempio, fervono i dibattiti sul nuovo nome per la Serie B, giusto tutelarne il prestigio dopo che per vederla si deve far ricorso alla «Pay». Se è poco, basta un nutrito drappello di imbecilli juventini, ma purtroppo i seguaci allignano in quasi tutta Italia, che augurano la morte a un ragazzo di diciannove anni troppo abbronzato. Ma Lippi afferma che non si tratta di razzismo: e il cittì è notoriamente un uomo d'onore, troverà proseliti ben più numerosi di quelli poco convinti da qualche scelta tecnica, Cassano mica sta a casa perché è terrone. Nel momento in cui il disamore delle persone per bene accenna a lievitare in modo allarmante, non ci mette al riparo neanche lo scudo nucleare che una volta era rappresentato dai risultati, e dunque da un'immagine da esportare in Europa e nel mondo. Accade infatti che, delle otto squadre destinate a vincere i rispettivi gironi di Champions, e guardare dunque con fiducia al sorteggio per gli ottavi, tre siano inglesi, Chelsea, Arsenal e United, tre spagnole, Real Madrid, Barcellona e Siviglia, una il francese Bordeaux. Rimane una casella libera, per riempirla la Fiorentina dovrebbe andare a vincere all'Anfield con un Liverpool che sarà pure destinato all'Europa League dove l'attende un'indomita Roma, ma che ce la metterà tutta per congedarsi con onore dalla competizione più illustre. Unica chance, visto che il Lione potrà adagiarsi sereno sul materasso Debrecen. Difficile non guardare al passato con infinita nostalgia, d'obbligo invece interrogarsi sulle ragioni che hanno spinto il nostro calcio così in basso in Europa, visto che in Champions non era mai accaduto che in testa a un girone non figurasse una sola formazione italiana. E questo mentre il campionato nazionale rischia ancora una volta di trasformarsi in un monologo dell'Inter, letteralmente fatta a pezzi dal Barcellona stellare che aveva fatto riposare Ibra e Messi. Abbiamo avuto, in passato, momenti neri in Coppa dei Campioni e anche in Uefa, ma erano gli anni del veto Andreotti, delle frontiere chiuse, adesso sembra che questo embargo riguardi i giocatori nati in casa, basta un'occhiata alle formazioni più illustri. Domina, da noi, l'intento di «incartare» il più possibile la partita agli avversari di turno, alchimie tattiche destinate ad attenuare le disparità di livello tecnico. Pochissime le squadre che vanno in campo con l'atteggiamento dei più forti, che si curano poco di sapere chi hanno di fronte, che privilegianio la produzione del gioco alla vocazione al minor danno, perfino quando si incrociano testa e coda della classifica. Poi si va in Europa e non si spaventa nessuno. E passi per il Barcellona, che non appartiene a questo pianeta, ma è avvilente che la Juventus vada a Bordeaux con l'animo di una provinciale alla caccia di punti per salvarsi, che il Milan di fronte alla folla di San Siro si faccia prendere a pallate dai marsigliesi: che sono uundici giocatori, non una banda di quelle serie. Poiché alle nostre squadre non fanno difetto i campioni celebrati, resta la conclusione che il problema sia soprattutto di testa, di mentalità, di carenza allarmante di autostima. La speranza è di avere comunque tutte le formazioni allineate al via promosse al secondo turno, anche se le premesse minacciano accoppiamenti scomodi, i miracoli talvolta rimangono l'unica risorsa, occorre evitare di affidarci soltanto a quelli.

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