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Il Cio rivuole l'argento di Rebellin

Davide Rebellin

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L'addio all'argento olimpico è solo l'ultimo triste tassello, e ora Davide Rebellin deve restituire i 75.000 euro del premio e rischia di pagare anche i danni arrecati all'immagine, e non solo, dello sport italiano. La richiesta da parte del Cio della restituzione della medaglia vinta a Pechino scrive l'ennesima pagina nera del corridore veronese, che ora vorrebbe solo vedersi fuori dal tunnel in cui è finito da quando, il 28 aprile scorso, è stata annunciata la sua positività all'epo di ultima generazione: una macchia indelebile proprio su quel trionfo in Cina, che ora viene di fatto annullato dalla decisione, a mesi di distanza, dal comitato olimpico internazionale. La Commissione Disciplinare del Cio ha infatti comunicato al Coni la squalifica di Rebellin e il conseguente ritiro della medaglia e del diploma conseguito. Il secondo posto della gara, vinta a Pechino dallo spagnolo Samuel Sanchez, si intende revocato: quanto alla classifica spetta all'Uci decidere in merito, ma l'argento potrebbe anche restare non assegnato. Per Rebellin si chiude così un annus horribilis, in cui, a parte le vicende di doping, c'è stato spazio anche per qualche guaio con il fisco: il corridore sarebbe risultato tra i presunti evasori finiti sotto la lente della Guardia di Finanza. Rebellin avrebbe scelto per custodire i suoi capitali il Principato di Monaco ma, secondo le indagini svolte dai finanzieri sarebbe facile incontrarlo per le vie di un paese padovano. Il suo legale lo aveva difeso dicendo che l'accusa era del tutto infondata, dal momento che il ciclista, secondo quanto aveva dichiarato, viveva da anni a Montecarlo. Questo accadeva nemmeno due mesi fa: ora la ferita di Pechino si riapre e quello che era stato un sogno torna a essere un incubo. Rebellin, tre Frecce Vallone all'attivo, ma anche l'olandese Amstel Gold Race, la Liegi-Bastogne-Liegi tra i trofei in bacheca, ai Giochi pensava di aver raggiunto il culmine della sua carriera, con un argento arrivato in età matura. Ma anche lui, come tutti gli altri azzurri, aveva dovuto giurare di essere lontano da qualsiasi pratica dopante: e invece i test lo hanno inchiodato, il Coni lo aveva già tolto dal club olimpico e ora rivuole indietro i 75.000 euro del premio assegnato allora agli argenti azzurri. E chiederà conto anche dei danni arrecati. La fine ingloriosa del corridore, la parabola al contrario di Rebellin.  

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