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Quando l'Aids non fermò Magic Johnson

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Mail più eclatante rimane quello di Earvin «Magic» Johnson, compagno proprio di Jabbar nei Lakers degli anni '80. Era il 7 novembre 1991 quando rese pubblica la sua positività all'Hiv. Fu uno shock per l'America e per tutti gli appassionati a stelle e strisce perché alla confessione seguì immediato il ritiro. Ma invece di precipitare nella depressione Magic reagì come mille volte aveva fatto sul legno dello Staple Center iniziando a lottare contro la malattia. Aveva sempre sognato una fine diversa per la sua storia in canotta e pantaloncini e cercava, come nelle migliori storie americane, una nuova occasione. Che arrivò quando il suo nome, a furor di popolo, fu inserito nella lista dei giocatori dell'All Star Game, grimadello che gli aprì di nuovo la porta della gloria materializzatasi con la convocazione nello storico Dream Team, il primo con assi della Nba al posto degli sbarbatelli universitari, che prese parte alle Olimpiadi di Barcellona, ovviamente stravinte, accanto a Bird e Michael Jordan. Un primo tentativo di rientro nel settembre del 1992, bloccato dalla la riottosa paura di alcuni suoi compagni dei Lakers. Ma nel 1996 il 32 dei Lakers tornò a illuminare la Nba. Un finale di stagione da fuoriclasse, nell'inedito ruolo di ala grande, a 37 anni, fino all'eliminazione nella semifinale di Conference. Al suono della sirena dell'ultima partita l'applauso della gente e le lacrime per l'addio definitivo. Quello che Magic aveva sognato. Da giocatore, da vincente.Fab. Fab.

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