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Riparte il rebus del potere romano

Gianni Alemanno

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Si fa presto a dire stadio. Ma la partita, in perfetto stile italiano, è politica e investe direttamente gli equilibri del potere romano. Il progetto presentato da Rosella Sensi alla Regione Lazio e al Comune di Roma prevede di costruire, oltre allo stadio di calcio, case e negozi alla Monachina. Un piano ambizioso: 800 mila metri cubi di commerciale e poco più di 600 mila di residenziale. Vale a dire un mega centro commerciale, due cinema e più o meno 3.500 appartamenti. Non mancano una scuola e un laghetto artificiale. I terreni sono quasi tutti del costruttore romano Sergio Scarpellini, noto per avere «buoni rapporti» con le amministrazioni «di ogni ordine e grado». I suoi palazzi sono in affitto al Comune, alla Regione, al Senato, alla Camera dei deputati. Secondo il Piano regolatore generale i terreni su cui prenderà vita il progetto sono agricoli. Ma con un accordo di programma si può cambiare la destinazione d'uso. Del resto per lo stesso Prg quell'area non ha vincoli che impediscano di costruire. Spetterà poi all'amministrazione comunale stabilire, con una «convenzione», gli oneri da richiedere al costruttore, per far sì che la nuova lottizzazione abbia anche un interesse pubblico. Gli uffici faranno il loro lavoro ma dietro al progetto della Roma c'è una profonda questione politica. Un braccio di ferro tra An e una parte del Pd da un lato e Forza Italia dall'altro. Ritorna lo stesso schema di qualche mese fa con Regione Lazio e Campidoglio contrapposte al ministero dei Beni culturali. Allora si trattava delle edificazioni in una parte di agro-romano in cui il Comune di Roma aveva stabilito le compensazioni urbanistiche di alcuni costruttori. Il ministero, contrario ai piani di sviluppo immaginati per il quadrante sud-est della Capitale, stabilì un vincolo sulla zona, di fatto fermando i cantieri: una vera e propria beffa per tanti imprenditori. Adesso cambia il progetto ma non la sostanza politica. Rischia di perderci sempre lo sviluppo della città eterna che, oltre alla burocrazia, deve arrendersi anche ai tempi dei «confronti» politici. Perché le trasformazioni di Roma le devono gestire An e il Pd? Perché Forza Italia, che da qualche anno ha cominciato a contare anche nella Capitale, dovrebbe stare a guardare? Questo è il fulcro della questione. Dunque si sono delineati i rispettivi campi di «battaglia», Alemanno e Marrazzo da una parte e il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro dall'altra. «Le parole sono importanti», direbbe uno dei guru della Sinistra. E proprio a parole ieri si è riproposto il conflitto che, ovviamente, tutti i protagonisti sarebbero pronti pubblicamente a negare. Il sindaco Gianni Alemanno e il presidente della Regione Piero Marrazzo assicurano che non ci sarà speculazione edilizia e che le cose si faranno secondo le regole e l'interesse dei cittadini: «Lo stadio va costruito ma rispettando i vincoli» ha detto il governatore. Il primo cittadino della Capitale ha aggiunto: «Purtroppo a Roma si parla di speculazione e colate di cemento anche quando si devono fare le case popolari. La Roma ha il diritto di avere uno stadio - ha spiegato Alemanno - Credo che possa essere un'occasione di arricchimento per la città e la sua vita sociale». Certo si avvierà un percorso «condiviso con la cittadinanza e con i tifosi. Anche la Regione e le Soprintendenze dovranno dare il loro parere». Marrazzo la vede allo stesso modo: «La Roma ha presentato il progetto che di massima è stato valutato come sostenibile. Ora le proposte andranno calate sul territorio: i vincoli non si possono bypassare; se invece vincoli non ci sono l'As Roma, come qualsiasi altra società e impresa, avrà la possibilità di andare avanti». Resta perplesso il presidente della Provincia Nicola Zingaretti che, invitato, ha preferito non partecipare alla presentazione del progetto. Ad ogni modo, visto che non ci sono vincoli in quell'area, si andrà avanti, verrebbe da pensare. Ma non è scontato. Perché le due braccia del potere romano (Alemanno e Marrazzo) hanno fatto i conti senza l'oste. Cioè il sottosegretario Giro. «La costruzione dello stadio della Roma deve essere un'iniziativa condivisa. Se il Ministero non dà il via libera, lo stadio non si può fare» ha detto ieri, raffreddando gli animi, l'esponente di Fi. «Io sono un tifoso sfegatato della Roma ma per fare uno stadio bisogna che le carte siano presentate agli organi preposti, quindi valutati e approvati dal ministero per i Beni culturali», ha aggiunto Giro. In effetti è così, perché secondo una norma approvata alcuni anni fa il ministero dei Beni culturali può valutare i progetti e inserire nuovi vincoli per tutelare il territorio. Non è un caso che la disposizione sia stata introdotta quando il potere romano era diviso tra il ministro Rutelli e il sindaco Veltroni. Passano i politici ma la voglia di «contare» resta. Peccato che di mezzo ci finisca sempre il futuro della Capitale.

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