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Giro d'Italia, Menchov cade ma trionfa al Colosseo

E' il russo Menchow il vincitore del Giro d'Italia

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La crono di Roma la vince Konovalovas, e di lui parliamo a parte. Qui parliamo di due uomini. Uno viene dalla Russia, si chiama Denis Menchov, è un difensore, e una volta vestitosi di rosa dopo la crono delle Cinque Terre, ha controllato solo un avversario. Ovvero, l'altro di questo dualismo: Danilo Di Luca, 20" di ritardo in classifica e una rabbia agonistica scemata in questi ultimi giorni, con la presa di coscienza che Menchov è inattaccabile. Però. Però il Giro finisce all'ultima tappa. E questa tappa è una crono, tutta curve e strade difficili. E minaccia di mettersi a piovere, proprio quando sta per partire Danilo. La decisione: usare la bici normale, da strada, per avere una maggiore guidabilità e poter pennellare le curve meglio di tutti gli altri. Il rivale, Denis, fa la scelta diametralmente opposta: bici da crono, con tanto di ruota lenticolare dietro. Per restare in piedi in certi tratti, bisogna essere un mago. Danilo parte e Giove Pluvio è con lui, si trattiene sulle prime, gli permette di scatenarsi in un tratto iniziale che l'abruzzese domina, segnando il miglior intertempo al km 3, in via Vittorio Veneto. Menchov parte 3' dopo Di Luca, e trova invece le prime gocce di pioggia, i sampietrini bagnati, le curve iperscivolose: risultato, 5" di ritardo da Danilo al primo rilevamento cronometrico. Roma esplode, il Giro che pareva chiuso s'è riaperto all'improvviso. I secondi in classifica sono scesi da 20 a 15, il distacco è colmabile, Danilo si carica, è una molla, sfiora le transenne ad ogni curva, rischia l'osso del collo, rilancia l'azione: uno spettacolo. Ma dall'altra parte, signori, la perizia fatta ciclista. Presa confidenza con il fondo stradale, Menchov non lascia più niente a nessuno: macina, macina, resta in piedi anche nei punti più infami, e sui lunghi rettilinei romani guadagna, spingendo più che può i pesanti rapporti e quella bici aerospaziale fatta proprio per le altissime velocità. Al secondo intertempo, a via della Conciliazione (km 7,4), l'entusiasmo diluchiano si smorza: +14" per Denis, ciao Giro. Danilo forse ha dato troppo in partenza, è un po' ingolfato. Terzo intertempo, a Piazza Venezia (km 11,3), +32" per Menchov. Di Luca arriva al traguardo, son 19'27", non basteranno per scavalcare il russo in classifica. Denis ha un margine che gli garantisce la massima tranquillità, non ha bisogno di forzare, perché rischiare di cadere e perdere tutto per un traguardo di giornata? Circumnaviga Vittoriano e Campidoglio, vola verso la Bocca della Verità, costeggia sicuro il Circo Massimo. Curva con tutta la cautela del caso verso Viale Aventino, e proprio quando manca un km al traguardo (e alla vittoria di tappa e Giro), patatrac: scivola la ruota anteriore, scivola il mondo intero intorno a Menchov, giù sui sampietrini viscidi, la bici che vola via, il Colle Palatino che tante ne ha viste e ora vede pure questa: tutto è perduto, o forse no. Denis si rialza come una molla, non sente niente, né il dolore per la botta, né il boato di un pubblico troppo di parte; prova a riprendere il suo mezzo, ma non va, allora il meccanico gliene mette uno di ricambio sotto il sedere, e Denis riparte, lo scarpino fatica ad agganciarsi al pedale, altri secondi persi, Di Luca sotto un tendone al traguardo è una statua di ghiaccio, attende. Riparte, Menchov, per davvero. Arco di Costantino, che meraviglia, ma non c'è tempo per ammirarlo. Si sale intorno al Colosseo, Denis dà tutto quello che gli resta, spunta davanti ai Fori Imperiali, taglia il traguardo, ha conservato ancora 21" su Danilo, coi 20" che aveva in classifica fanno 41". Il Giro è suo. Può urlare tutta la sua gioia in faccia a chi gli voleva male, e liberare tutto se stesso in un grido bellissimo. Ha vinto il Giro, finisce così, sotto al Colosseo. Menchov-Di Luca-Pellizotti (terzo). Arrivederci al 2010.

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