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Ma per lo Special One è soltanto il 50% del grande Slam

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Lasupercoppa italiana, dedicata cavallerescamente a Mancini e lo scudetto vinto in poltrona. Josè Mourinho realizza il 50% di un Grande Slam - c'erano Champions e Coppa Italia - che da noi, tuttavia, non ha mai centrato nessuno. Lui, lo Special One, l'uomo del grande impatto mediatico, quello che disse subito di non essere un «pirla» (mai dubitato), sugli scudi, celebratissimo, richiestissimo, osannatissimo. Moratti che salta come un ultrà e tutto il corollario di una vittoria vera, certamente più vera di quella a tavolino, o del secondo scudetto dell'era Moratti, senza avversari. Stavolta, rispetto ad un anno fa, meno «aiutini», più costanza, ma sempre un'idea fissa: che anche questo trionfo sia marcato a fuoco con i piedoni (numero 47 e mezzo) di Zlatan Ibrahimovic. Sì, lo svedese di origine slava, antipatico forse più di Mourinho, non sbaglia un colpo: da quando è in Italia, vince sempre lo scudetto, anche quello bianconero festeggiato (senza vergogna) a Bari quando - era il maggio del 2006 - Calcipoli faceva rima con Moggiopoli. Qualcuno sostiene che senza Ibra i «tituli» per Mourinho sarebbero molti meno, molto vicini a quello «sero» con cui lo Special One bollò senza pietà, senza ipocrisia e con rara chiaroveggenza, Roma, Milan e Juventus. Occhio però. Perché si fa presto a dire senza Ibra: dietro c'erano due tipetti, Cruz e Crespo, che con la loro professionalità hanno segnato anche quest'anno, dimostrando che, anche senza lo spilungone, qualcosa di buono l'Inter l'avrebbe fatto lo stesso. E poi, lo dice anche Berlusconi che silura Ancelotti senza complimenti, nel calcio come nella vita, i se e i ma non portano da nessuna parte. Eppure, nelle pieghe di questa stagione, il grande rimpianto resta quello della Champions, vero Mancini? Si vedrà se l'anno prossimo sarà questa la priorità, sempre che Ibra faccia un'altra magia, stavolta fuori dal campo, e se ne vada in Spagna perché a Milano si vince solo dentro i confini italici. Intanto, onore al merito. Dello spendaccione Moratti, di Ibrahimovic, dell'Inter e di Mourinho. In un paese come il nostro dove conta solo vincere, lui ha capito subito come farsi apprezzare: niente bel calcio e tanta concretezza. Chissà se a Fabio Capello a Londra non saranno fischiate le orecchie.

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