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Sotto la maglia non c'è rimasto più niente

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Poi,però, hanno deciso di raggiungere i loro posti, disertati per testimoniare il profondo disagio attuale nei confronti della squadra, ma soprattutto di una società che privilegia il silenzio e il mistero, regalando spiacevole spazio alla disinformazione, talvolta maliziosa e interessata. Al di là degli striscioni, votati soprattutto a invocare un passaggio delle consegne, un coro significativo «tifiamo solo la maglia», superato l'ultimo confine della sopportazione. Crudele dirlo, ma quella maglia è rimasta vuota. Perso di vista l'unico possibile traguardo che una stagione da incubo aveva lasciato intravedere fino a un mesetto fa, rimane un sesto posto per ora presidiato con appena un punto di vantaggio sul Palermo, che però sta mostrando altra vitalità e altra condizione atletica. Posizione che varrebbe la Coppa Uefa, sempre che si possa considerare un dato positivo la disputa di una competizione che impiega otto mesi prima di allineare trentadue squadre, nella primavera successiva, alla fase dell'eliminazione diretta, con riflessi pesantissimi sugli impegni di campionato. L'immagine della Roma attuale l'ha impietosamente illustrata la coda della classifica: con il Bologna e il Lecce caduti all'Olimpico a forza di rigori e con molte recriminazioni, e infine il pari bianco contro il Chievo, che offre come unico motivo di pallidi sorrisi il non avere sofferto gol. Episodio quasi storico per una difesa che aveva incassato 52 reti, appena due in più rispetto alla Reggina ultima della classe: e non è una spiegazione accettabile il recupero di Mexes, troppe volte tradito dai nervi anche in questa stagione. Come sempre, la Roma non è andata oltre qualche sprazzo nel primo trempo, acceso dalle giocate individuali di Totti e Julio Baptista e spento dai pronti riflessi di Sorrentino, teso a legittimare l'interesse di Trigoria nei suoi confronti dopo lo stop tardivamente imposto a Doni. Secondo un copione divenuto perfino stucchevole, il secondo tempo ha prodotto il consueto dissolvimento, alla Roma è andata già bene perché il Chievo, inizialmente reso timoroso dalle recenti disavventure, troppo tardi ha cercato di portarsi a casa il risultato pieno, sfiorando comunque l'impresa. Si sono rivisti Vucinic e Menez, il primo riconoscibile a fatica per qualche tentativo ispirato dalla buona volontà, l'altro purtroppo fin troppo riconoscibile nella sua versione più deprimente. Nel dopopartita lo Spalletti di quest'ultimo periodo, spia di una frattura non ancora resa ufficiale con la società, ma anche con una frazione non indifferente dello spogliatoio. segue a pagina 22

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