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Quando è il momento di spiccare il volo verso la zona Europa, la Lazio annaspa, si butta via e resta in una posizione anonima di classifica

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Ancheil Chievo passa all'Olimpico e conferma una tradizione positiva inspiegabile per il valore della squadra veneta di questi ultimi anni (solo una vittoria laziale in sette confronti!). Tant'è, un altro boccone amarissimo da ingoiare in una stagiome che si sta trasformando nella sagra dei rimpianti. Oppure nel «vorrei ma non posso» che rappresenta perfettamente le scelta di società, tecnico e giocatori. Il ko di ieri arriva come logica conseguenza di evidenti limiti strutturali. Non è un caso se la Lazio ha conquistato 22 punti all'Olimpico su 45 disponibili, ha perso ben cinque volte davanti ai propri tifosi (senza considerare il derby che era in trasferta per il calendario). Ormai lo stadio amico è diventato un tabù, un fortino da violare per gli ospiti di turno. La squadra è stata costruita senza un attaccante forte di testa e così è sufficiente per avversari, anche di basso lignaggio, chiudersi in difesa e attendere il momento giusto per colpire in contropiede. Quando si pareggia in casa contro Torino e Lecce e si perde col Chievo, vale a dire tre delle ultime quattro della classifica, non ci si può aggrappare all'imponderabile, alla sfortuna, all'ennesimo arbitro stralunato come Girardi di San Donà. Significa che la Lazio è una squadra mediocre, con qualche buon giocatore e nessun campione. Per fortuna che, invece, in trasferta è un'altra musica, con i folletti laziali in grado di giocare negli spazi e conquistare risultati importanti perché la situazione in classifica avrebbe potuto essere peggiore di quella attuale. La Lazio è nel Limbo, a cinque punti dalla zona Uefa ma con poche speranze di agguantare le squadre davanti a meno di un clamoroso finale di campionato. E poi in questi momento si hanno negli occhi gli svarioni della difesa contro il Chievo, un attacco spuntato, un centrocampo spremuto e allora come si fa a pensare positivo? I colpi al cuore di Bogdani (solito gol di testa incassato dalla difesa) e la doppietta di Pellissier danno la certezza della resa della Lazio. Di Carlo ha preparato bene la partita, l'ha vinta con merito e ha avuto la fortuna di sfruttare un arbitro che non ha punito il gioco duro iniziale del Chievo finendo per innervosire la Lazio. Ma l'errore sul secondo gol è comico, i «lisci» di Cribari e Siviglia sono un invito ai due centrali biancocelesti a cimentarsi nel celebre ballo romagnolo e non in una partita di calcio. Anche questa dovevano vedere i trentamila tifosi che si sono presentati all'Olimpico per ricordare il presidente Longo scomparso sabato. Un pomeriggio triste che deve far riflettere il presidente Lotito perché non è un episodio isolato ma solo l'ultimo capitolo di una serie di prestazioni inguardabili di una squadra sopravvalutata forse anche dal suo stesso numero uno. Basta parlare di contratti, di rinnovi, ha ragione Lotito, però sarebbe importante cominciare a spendere un po' di soldi per creare un gruppo che possa regalare soddisfazioni ai tifosi. La gente laziale chiede questo e non di ascoltare la solita stucchevole retorica.

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