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Quel magico pomeriggio al «Sarria»

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Se i brasiliani sono in vantaggio di un titolo mondiale, cinque contro quattro, il bilancio complessivo trale due Nazionali è per altro in equilibrio, potrebbe modificarlo il risultato di questa sera, anche se francamente l'interesse non è di grande livello. Tutti contro avversari diversi, i quattro trionfi azzurri: dalla Cecoslovacchia del '34, all'Ungheria del '38, alla Germania di Madrid '82, alla Francia di tre anni fa. Contro il Brasile, perduti entrambi gli scontri diretti in finale, quello di Messico '70 per stanchezza e forse appagamento dopo la leggendaria semifinale con i tedeschi, quello di Pasadena per sfinimento puro, tale da indurre al suicidio dal dischetto proprio i giocatori di più vivido talento. Ma è inevitabile che il più esaltante richiamo della memoria sia relativo a quel magico pomeriggio del Sarria di Barcellona: quando la cicala brasiliana, che un pareggio avrebbe lanciato in semifinale, si consegnò al retino dei nostri, opportunisti e bravi al tempo stesso, storicamente giusto che il terzo sigillo di Paolo Rossi punisse la presunzione dei fuoriclasse sudamericani. Falcao, il più europeo di quella splendida formazione, aveva consegnato ai suoi il passaggio del turno, svanito per le scriteriate incursioni dei difensori di fascia. Per la partita di questa sera, che in nessun caso può sottintendere un sospetto di rivincita bipartisan, il buonsenso induce ad auspicare soprattutto che nessuno si faccia del male e che i toni agonistici, nonostante il prestigio imponga di onorare l'impegno, rimangano quelli di una sorta di agape fraterna. Con tante inevitabili sostituzioni in programma, sperabile che De Rossi non trovi, oltre al malanimo dell'insetto dispettoso, anche la condanna a non tirare il fiato. La qualità degli interpreti dovrebbe comunque assicurare agli sportivi inglesi, e agli occasionali turisti, un apprezzabile, divertente spettacolo.

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