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Matteo Brighi simbolo della riscatto

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Bravo Luciano Spalletti ad accettare una realtà restia a rendere produttivo, o anche soltanto a manifestarsi, il gioco che aveva raccolto tanti consensi. L'emblema di questo nuovo corso è da identificare in Matteo Brighi, il solo sempre e puntualmente affidabile al di là delle icone rituali come Francesco Totti e Daniele De Rossi. Sarà anche vero, difficile negarlo, che qualche crepa sia affiorata nel vecchio cemento dello spogliatoio, ma un segnale chiaro è partito dalla schiera romanista: figlio della farsa del ritiro che la società avrebbe voluto imporre e che Spalletti ha ignorato, assicurandosi la solidarietà del gruppo. Concentrazione e presa di coscienza dei limiti attuali, le doti che hanno reso possibile l'impresa contro una della più forti formazioni del mondo, reclamano la stessa intensità anche per la prova del fuoco, quella trasferta bolognese destinata a dimostrare come la serata magica dell'Olimpico non sia stata episodica. A delineare anche una chance di risalita all'interno dei confini, ora che che il cammino europeo si è di colpo illuminato, più che mai dovrà avere riscontri solidi quell'unità di intenti indispensabile per non cadere in ulteriori peccati di presunzione. Vorrei infine sottolineare, dato significativo, come la replica agli inglesi fosse affidata a undici protagonisti della vecchia guardia, in panca il mercato estivo. Non era poi così indecifrabile il calo di livello di entusiasmo esibito, al di là delle parole di facciata, da Luciano Spalletti nell'intraprendere la nuova avventura dopo la stagione dei primati. Un quesito per i resposabili di Trigoria: non era possibiole mandare un messaggio a Dunga, per spiegare come Doni, il solo portiere vero del quale la Roma dispone, stia in campo con un ginocchio malandato? E che perderlo per un'amichevole insignficante sarebbe francamente delittuoso, specialmente con un derby sempre più vicino?

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