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La storia di Andrea Tomasello, caporal maggiore di Pontinia, rimasto ferito in un attentato a Kabul

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Una giornata come tante, da quel maledetto 15 maggio quando - in Afghanistan - rimase vittima di un attentato a Kabul. Era con altri due commilitoni, viaggiava su un blindato Puma seguito da altri due veicoli diretti verso l'abitato di Qual-e-Sefid per prestare aiuto alla popolazione e assistere alcuni animali feriti. L'esplosione di un ordigno radiocomandato - collocato ai margini della strada - lo ha cambiato nel fisico, ma non nell'anima. Andrea ha 27 anni. Ha subìto l'amputazione del piede destro ed ha una frattura alla gamba sinistra, ma è pronto ad affrontare un'altra missione, quella che il destino gli ha riservato. I suoi occhi, verdi come un campo di calcio si illuminano quando il capitano Tommaso Rocchi varca la soglia della sua camera d'ospedale, in compagnia di Pasquale Foggia e del team manager Maurizio Manzini. Sarebbe dovuta essere una sorpresa, ma è bastata una telefonata di troppo per fargli intuire tutto: Andrea ha sgranato gli occhi quando ha visto la maglia biancoceleste della Lazio col suo nome portata in dono dalla delegazione laziale. Il professor Alessandro Luziatelli, primario del distretto ortopedico del Celio segue la scena con particolare attenzione: è lui che insieme al dottor Maurizio Bergonzini ha organizzato la visita dei campioni preferiti. Con loro c'è anche il Generale di Brigata Alberto Germani, direttore del Celio. Qui, il primo caporal maggiore del secondo reggimento alpini di Cuneo viene coccolato dalla moglie e dalle cure dei suoi commilitoni, impegnati nell'attività di supporto e di servizio all'interno del nosocomio. «La Lazio è un sogno che mi porto dentro da bambino - ammette Andrea - mi sono avvicinato a questi colori grazie a Signori. Ricordo i successi della Coppa delle Coppe e della Supercoppa Europea col Manchester, ma questa squadra mi appassiona di più perchè, nata dal nulla, sta ottenendo risultati importanti. Essere tifoso della Lazio è uno stile di vita, è qualcosa di più di una semplice passione. Siamo abituati alle difficoltà, nelle difficoltà troviamo la forza per andare avanti». Lui, di forza ne ha tanta, nonostante l'agguato subìto a Kabul: si è sacrificato in nome della bandiera, della sua nazione. Ma quando si accenna all'ostentato nazionalismo e alle ideologie becere che hanno intossicato il calcio nelle ultime partite degli azzurri, il suo sguardo perde luminosità e diventa quasi torvo. «Sono un manipolo di esaltati che gioca a fare la guerra, purtroppo ci sono in tutto il mondo. Fischiare gli inni nazionali è una vergogna, l'inno rappresenta la storia di un Paese». Fra qualche settimana Andrea potrà tornare a casa: inizierà una nuova vita. «Ho come idolo Zanardi, nonostante l'incidente continua a fare quello che più gli piace. Con lo sport ho un buon rapporto, non sono mai stato un calciatore di talento ma con il basket è andata meglio, ho giocato a livello agonistico col Priverno, un paese vicino casa». Andrea è di Pontinia, situata qualche metro sotto il livello del mare, ed è primo caporal maggiore del secondo reggimento alpini: quasi uno scherzo del destino, sempre pronto a riservare delle sorprese. Talvolta belle, talvolta un pò meno. «Lo sport potrà essere un punto di ripartenza, ma adesso è presto per pensarci. Adesso devo affrontare un'altra missione: io sono della Lazio, e ho un unico proposito, quello di non mollare mai». Sim.Pie.

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