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Ballan, l'erede Il veneto vince per distacco il Mondiale di ciclismo a Varese

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E alle spalle di Ballan chi spunta? Damiano Cunego, a prendersi un argento rabbioso e meritatissimo, davanti al danese Breschel e davanti al terzo azzurro nei primi quattro, quel Davide Rebellin che, ancora una volta, per il terzo anno consecutivo, svolge un ruolo decisivo nel trionfo della nazionale di Ballerini. Ecco, proprio lui. Sullo sfondo di questa giornata memorabile si staglia la figura di un commissario tecnico che ha saputo rischiare e bluffare: ha rischiato, lasciando a casa uomini come Di Luca o Pozzato e ha bluffato, centrando tutti i riflettori su Bettini, perfetto specchietto per le allodole (come già a Pechino, del resto), per sgravare le cosiddette mezzepunte da ogni pressione. E così, dopo 100 km vissuti a ritmi blandi, la corsa si è accesa con le trenate infinite del solito superbo Bruseghin (supportato da Tonti, Bosisio e Tosatto), e si è infuocata a quasi 70 km dal traguardo col primo assalto di Bettini, anticipato dal forcing di Paolini sulla salita dei Ronchi. Da quel momento in poi ogni azione d'attacco è stata promossa dagli azzurri, presenti in forze in tutte le fughe. Compresa l'ultima, quella decisiva, animata da Ballan al penultimo passaggio sui Ronchi, a poco più di 20 chilometri dalla fine: col trevigiano si sono mossi Rodríguez, Van Avermaet, Breschel e Wegmann, ma poi sono arrivati anche Lövkvist e Gesink, e poi Cunego e Rebellin insieme a qualche altro discreto corridore (su tutti Nuyens e Pfannberger): i favoriti, tutti dietro a marcarsi, con Bettini a catalizzare l'attenzione di Freire e Boonen. E allora la fuga è andata, e ai tre chilometri Ballan ha fatto la sparata della vita, e non l'hanno più visto. «Fatico a crederci, questa è la vittoria della squadra» ha dichiarato Alessandro subito dopo il traguardo. Ma è la vittoria di Ballan, ragazzo umile e corridore fortissimo, che a 29 anni trova la consacrazione sul palcoscenico più importante.

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