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Ecco perché Soros è «scappato»

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Ieri l'ultimo passo ufficiale per la conferma dei Sensi alla guida del club: l'assemblea di Italpetroli ha approvato il bilancio d'esercizio chiuso al 31 dicembre 2007 che garantisce la continuità aziendale dell'impero dei Sensi. Un risultato ottenuto grazie all'accordo raggiunto con Unicredit per il riscadenzamento dei debiti entro il 2010 (277 milioni di euro verso la banca di Profumo su 365 complessivi) e la certificazione del bilancio firmata dai revisori della Pricewaterhouse Coopers. Insomma, i Sensi restano in sella alla Roma ma a tempo determinato: rientrare da un debito così ingente senza toccare il «gioiello» di famiglia è ancora e sarà una missione assai complicata. Nel nuovo piano, che non esclude la cessione del club, c'è un elemento inedito: Unicredit non ha più l'opzione sul 2% di Italpetroli, sostituito da altre garanzie. Ad ogni step intermedio previsto dall'accordo, se i Sensi non avranno concluso la cessione degli asset indicati la banca prenderò in mano il mandato a venderli. Intanto, ieri durante la presentazione del libro «I russi, i russi...gli americani» scritto da Catia Augelli e Alessandro Catapano sono emersi nuovi particolari sulla vicenda-Soros. Errori strategici degli americani, mediazioni della politica italiana e la perenne indecisione dei Sensi. Il tutto ha impedito all'avvocato Joe Tacopina di acquistare la Roma per conto del magnate. Nei lunghi mesi della trattativa, iniziata a gennaio 2007 e saltata il 18 aprile scorso quando tutto sembrava chiuso, Tacopina ha incontrato o contattato una lunga lista di personaggi: da Marcello Lippi all'allora sindaco Walter Veltroni, dall'ex dg di Italpetroli Paolo Bassi, a Massimo D'Alema fino a Pippo Marra. Lui, consigliere della Roma, gli è stato indicato come l'interlocutore giusto per intavolare l'affare. Lo stesso Marra ad aprile scrisse la famosa lettera in cui parlò di «occhiuta rapina» riferendosi al tentativo di Soros. Immancabile anche l'intervento di Galliani che, da buon custode del calcio italiano, nei giorni caldi della trattativa ha avvertito la Sensi: se apri le porte agli americani, «l'asticella» dei prezzi sale per tutti. E poi il ruolo della banca, prima defilata per scelta dall'affare e successivamente parte attiva quando ormai Soros si era ritirato. Il nodo è tutto qui: Unicredit ha lasciato carta libera ai Sensi confidando nella chiusura dell'operazione, salvo poi intervenire con decisione. Ma ormai i dollari se n'erano andati. Per sempre? Chissà. La Inner Circle non si sta occupando più del fascicolo-Roma ma a New York sono convinti che il club è ancora in vendita. Solo illusi?

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