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Ore decisive per il futuro della Roma. Soros pronto a «mollare»

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Manca una «manifestazione di interesse» da parte dei Sensi dicono i tecnici sulla questione, proprio coloro che aspettano il via libera per continuare a trattare, analizzare e mettere nero su bianco quanto e come vale l'operazione-Roma. La partita, che in un primo momento sembrava chiusa, si è riaperta a sorpresa. Mentre da New York arrivava la notizia che Soros avrebbe deciso di ritirarsi dall'affare, alla Garbatella la Sensi veniva ricevuta negli uffici della PricewaterhouseCoopers, la società di revisione dei conti che cura i bilanci delle varie aziende di famiglia. E da questo incontro è arrivata una notizia che tiene in piedi la trattativa con Soros: la Pricewaterhouse si aspettava di vedere il piano industriale di rientro dai debiti stilato da Italpetroli (se ne sta occupando Banca Finnat), ma la Sensi ha chiesto tempo. Segno che la strategia per rientrare dall'«esposizione» nei confronti delle banche, senza vendere la Roma, non è ancora delineata. La società di revisione è stata chiara con l'ad giallorosso: in mancanza del piano industriale il bilancio non sarà certificato. Intanto è slittato l'incontro previsto previsto per oggi tra il legale dei Sensi, De Giovanni, Banca Finnat e Unicredit. Ma il gruppo bancario di Profumo osserva interessato e nelle prossime ore, al contrario di quanto detto «ufficialmente», potrebbe fare pressione sui Sensi per l'apertura a una trattativa con Soros che consentirebbe la copertura dei debiti (367 milioni) in modo più rapido e semplice. A chiedere un intervento della banca sarebbe stata anche la Inner Circle, la merchant bank che ha coinvolto Soros nell'affare. Unicredit non vuole però risultare all'esterno come protagonista nella vicenda e ieri ha precisato di essere solo uno «spettatore interessato ma nulla più rispetto a quanto vorrà fare della As Roma la famiglia Sensi, cui spetta ogni decisione circa un'eventuale cessione e che ha totale libertà di manovra». Il gruppo bancario ricorda altresì che «non ha esercitato l'opzione put del 2% su Italpetroli lasciando quindi che la famiglia tornasse dal 49 al 51%. Se la banca avesse voluto prendersi Italpetroli e vendere asset come la As Roma - conclude la nota - si sarebbe comportata diversamente esercitando l'opzione e cercando compratori, anziché restituire alla famiglia Sensi la piena capacità e forza negoziale». Soros è ancora disposto ad aspettare? Non per molto. Pensava di aver concluso l'affare con una cifra di circa 210 milioni destinati a Italpetroli, oltre all'Opa da lanciare sul resto delle azioni giallorosse. Invece, oltre ai dubbi che imperversano a Villa Pacelli, tra domanda e offerta esiste ancora una differenza. Circa 60 milioni separano i Sensi da una scelta che non vorrebbero mai fare: vendere la Roma.

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