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Sei mesi di carcere per Marion Jones

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Unasentenza esemplare che punisce la 32enne ex sprinter americana colpevole di aver mentito nel 2003, quando dichiarò agli agenti federali che si occupavano del caso Balco, di non aver mai fatto uso di sostanze dopanti. E le bugie che hanno le gambe corte anche nello sport, sono venute a galla lo scorso 5 ottobre quando, dopo l'anticipazione fornita dal «Washington Post» che pubblicava una sua lettera ad alcuni amici, la Jones aveva deciso di fare un passo indietro ammettendo le sue responsabilità: nei due anni che avevano preceduto le Olimpiadi di Sydney del 2000 (dove era diventata la prima donna a vincere cinque medaglie nella stessa edizione dei Giochi, ovvero tre ori: 100, 200 e 4X400 e due bronzi: 4X100 e salto in lungo) aveva fatto uso di Thg, un prodotto che le era stato consigliato dall'allora suo allenatore, Trevor Graham. «Sono qui davanti a voi per dirvi che ho oltraggiato la vostra fiducia - affermò singhiozzando - e voi avete il diritto di essere arrabbiati con me. Ho deluso il mio Paese ma ho deluso anche me stessa». La confessione destò non poche polemiche segnando l'inizio di un tribolato calvario: prima la restituzione delle cinque medaglie olimpiche, poi la squalifica di due anni inflitta dalla Federazione internazionale d'atletica (Iaaf), che ha anche annullato tutti i risultati ottenuti dall'atleta statunitense a partire dal settembre del 2000, e infine il ritiro definitivo delle medaglie olimpiche deciso dalla commissione esecutiva del Cio lo scorso dicembre. In realtà le sue ripetute menzogne alle autorità federali erano punibili con una condanna fino a cinque anni. I legali della sprinter avevano però chiesto di evitarle la prigione, sostenendo che la fine anticipata della carriera sportiva e il pubblico biasimo erano stati già durissimi da sopportare. L'accusa si era mostrata comprensiva, chiedendo una condanna da zero a sei mesi di carcere. Il giudice Kenneth Karas ha optato per il margine massimo chiesto dal pubblico ministero, aggiungendo ben 400 ore di lavori socialmente utili e due anni di libertà vigilata. L'ex olimpionica ha accolto tra le lacrime la sentenza. «So che presto verrà il momento in cui i miei figli mi chiederanno ragione di questo giorno - ha commentato - Intendo essere onesta e franca nei loro confronti. E insegnare loro a non commettere gli stessi errori». C'è da dire che la statunitense avrebbe potuto dare un corso diverso alla propria carriera se non fosse incappata in due compagni dopati (il pesista C.J. Hunter e il velocista Tim Montgomery); poi ha lasciato un tecnico come Dan Pfaff per mettersi nelle mani di Trevor Graham e Charlie Francis (l'allenatore di Ben Johnson). Scelte sbagliate che alla fine l'hanno condotta in un vicolo cieco.

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